
L’ex imam della moschea milanese di viale Jenner, Abu Omar, è stato condannato dal gup Stefania Donadeo a sei anni di reclusione con l’accusa di associazione per delinquere con finalità di terrorismo internazionale. La sentenza è arrivata in contumacia, perché l’imputato si trova da anni in Egitto, in seguito al clamoroso rapimento avvenuto il 17 febbraio 2003 a opera della Cia. Il procuratore aggiunto di Milano, Maurizio Romanelli, aveva chiesto sei anni e 8 mesi.
Secondo l’accusa, Abu Omar avrebbe fatto parte di un’associazione che aveva “lo scopo di compiere atti di violenza con finalità di terrorismo in Italia e all’estero” e aveva un “programma criminoso condiviso con similari organizzazioni attive in Europa, Nord Africa, Asia e Medio Oriente”. Respinge le accuse l’avvocato dell’ex imam di viale Jenner, Carmelo Scambia, secondo il quale il suo assistito si è “limitato ad aderire a un percorso politico-ideologico per professare il proprio credo e la propria fede”.
Per il sequestro Omar e le successive operazioni di rimpatrio forzato in Egitto, si sollevò un polverone, che come noto portò all’incriminazione anche di alcuni agenti del Sismi, all’epoca guidato da Niccolò Pollari. Tra le persone che finirono imputate per il sequestro dell’imam, c’è anche il giornalista Renato Farina, che ha ammesso le proprie responsabilità e ha per questo patteggiato sei mesi di carcere. Dal paese nordafricano, nel quale si trova – a detta del suo legale – sotto sorveglianza ma in libertà, Abu Omar ha più volte denunciato maltrattamenti e soprusi nei suoi confronti. Sull’intera operazione, tutti i governi hanno provato a mantenere il segreto di Stato, violato poi nel dicembre 2010 da una delle tante operazioni di hackeraggio portate avanti da Wikileaks.
Redazione online