
E’ stato presentato dal presidente del Censis, il sociologo Giuseppe De Rita, nella sede del Cnel a Roma il 47° Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese condotto dal Censis che stilla una fotografia del panorama sociale dell’Italia.
LAVORO– In base al rapporto “il 2013 si chiude con la sensazione di una dilagante incertezza sul futuro del lavoro in Italia”.
Infatti, l’indagine del Censis, condotta a settembre del 2013, ha evidenziato che un quarto degli occupati è convinto che nei primi mesi del 2014 la propria condizione lavorativa andrà peggiorando; il 14,3% pensa che avrà a breve una riduzione del proprio reddito da lavoro e il 14% di poter perdere l’occupazione.
Tra le novità che emergono dall’indagine, quella in cui il timore per il lavoro si estende a tutte le “fasce generazionali dai più giovani a quelle più adulte”.
Il 13,7% degli intervistati tra i 35-44enni è convinto che la propria posizione lavorativa sia a rischio mentre il 17,3% prevede una riduzione del reddito; tra i 45-54enni la paura di perdere il proprio posto di lavoro accomuna il 17,1% degli occupati, scrive il Censis.
ISTRUZIONE– Lo scenario non è dei migliori anche sul fronte dell’istruzione: oltre il 10% degli alunni italiani abbandona gli studi al primo anno delle scuole secondarie di II grado.
L’insufficiente scolarità è anche confermata dall’incidenza tra i giovani Neet, di persone che hanno al massimo la licenza media e che rappresentano il 43,7%.
Il 21,7% della popolazione italiana con più di 15 anni possiede al massimo la licenza elementare: il 2% di 15-19enni, l’1,5% di 20- 24enni, il 2,4% di 25-29enni e il 7,7% di 30-59enni che non hanno mai conseguito un titolo di scuola secondaria di primo grado.
Una percentuale che sale tra i 25-64enni fermi alla licenza media e che rappresenta il 43,1%.
Al Sud resta alto il tasso di abbandoni: nel 2012, a livello nazionale, la popolazione tra i 18 e i 24 anni con al più la licenza media, e che non frequentava altri corsi scolastici o attività formative era pari al 17,6%, e in alcune zone del Paese restava al di sopra della soglia del 20%.
Una percentuale più marcata nelle regioni meridionali al 21,1%, in Sicilia e Sardegna, dove un quarto dei 18-24enni residenti non partecipava a un percorso di studi e formazione.
Nel 2011, il tasso degli abbandoni al primo anno delle Superiori era all’11,4% degli studenti iscritti.
Inoltre, l’indagine ha evidenziato che il sistema universitario italiano è poco globalizzato e resta per molti versi ancroa troppo provinciale. Per questo attraverso i rettori universitari, il Censis una stillato classifica dei fattori più efficaci per accrescere la competitività dei loro atenei: al 73,8% è necessario il miglioramento della qualità dei servizi e delle strutture di supporto alla didattica, al 54,2%, mentre al secondo posto con il 54,8% delle preferenza i rettori segnalano lo sviluppo di collaborazioni internazionali nelle attività di ricerca e infine al 52,4%, lo sviluppo di percorsi di laurea a doppio titolo/titolo aggiunto con atenei stranieri.
Un divario a livello delle strutture molto marcato tra Nord e Sud.
ESODO ITALIANI ALL’ESTERO– In questo scenario non soprende la percentuale elevata della crescita dell’esodo degli italiani. Secondo il Censis in 10 anni, il numero dei nostri connazionali che si sono trasferiti all’estero è raddoppiato passato da 50.000 a 106.000. Un dato che registra un aumento del 28,8% tra il 2011 e il 2012.
Tra gli italiani che lasciano il belpaese: il 54,1% ha meno di 35 anni.
SANITA‘- Negli utlimi anni è cresciuto il numero degli italiani che ricorrono alle cure private e all’intramoenia.
Tra le spese più sostenute: le cure odontoiatriche (90%), le visite ginecologiche (57%), la riabilitazione (36%) e le visite ortopediche (34%). È
Per quanto riaguarda l’intramoenia il 30,7% degli italiani che ha dovuto fare riabilitazione e il 14,7% che ha fatto un’ecografia all’addome.
Il 38% degli italiani ha aumentato il ricorso al privato per la riabilitazione, oltre il 35% per la colonscopia, il 34% per le visite ortopediche; per l’intramoenia invece il 23,3% si riferisce alla riabilitazione, il 17% all’ecografia dell’addome e il 16,7% per le visite ortopediche.
Uno scenario in cui il 41,2% degli italiani ritiene che il Servizio Sanitario offre le prestazioni essenziali mentre le altre vanno pagate di tasca propria, il 14% reputa insufficiente la copertura per sè e la propria famiglia, mentre il 45% ritiene che la copertura sia sufficiente.
Buona parte degli italini critica le manovre di finanza pubblica sulla sanità : il 61% per i tagli ai servizi e la riduzione della qualità, il 73% ritiene che le manovre hanno accentuato le differenze di copertura tra regioni, ceti sociali infine un 67% sostiene che le manovre sono state concentrate troppo sui tagli e poco sulla ricerca di nuove fonti di finanziamento, dai fondi sanitari alle polizze malattie.
FARMACI – Dati negativi anche per quanto riguarda la spesa per i ticket sui farmaci che negli ultimi quattro anni (dal 2008 al 2012) è aumentata del 117,3%, raggiungendo 1,4 miliardi nell’ultimo anno.
In quattro anni è diminuita la quota di spesa coperta dal Ssn, che è passata dal 65,9% del 2008 al 61% del 2012.
RIFUITI– Qualche notizia positiva proviene fortunatamente da un cambiamento nei comportamenti per la raccolto differenziata e da una rinnovata attenzione ai temi della sostenibilità ambientale.
Il rapporto ha evidenziato che negli ultimi anni è aumentata la separazione domestica dei rifiuti e la consapevolezza dei cittadini: il 67,5% affermano di aver ricevuto adeguate informazioni e di essere a conoscenza delle regole di base della raccolta differenziata, il 20% degli intervistati dichiara di non avere le idee chiare al riguardo mentre il 12,6% sostiene di essere del tutto disinformato.
IMMIGRATI– Il rapporto Censis ha anche affrontato il tema degli immigrati. Tra questi il Censis evidenzia che gli immigrati anziani costituiscono poco più di 86 mila, ma nel 2020 diventeranno 315 mila, nel 2040 oltre un milione e mezzo e nel 2065 ai avvicineranno ai 3 milioni, cioè il 16,1% degli anziani in Italia.
Secondo il Censis, al crescita anagrafica della popolazione immigrata si sta già riflettendo sulle politiche del welfare con una maggiore richiesta di servizi sociali ma anche il fatto che gli imigrati iniziano a comparire come beneficiari di titoli previdenziali.
RAZZISMO – Il rapporto ha avvertito “segnali di tensione diffusa” che “sono abilmente alimentati da una parte dei nostri rappresentanti politici in un razzismo che monta dall’alto e che trova nelle preoccupazioni legate alla crisi un pericoloso brodo di coltura”.
Solo il 17,2% degli italiani afferma di provare comprensione e di avere un approccio amichevole nei confronti degli immigrati, il 60,1% (4 su 5) è diffidente, il 15,8% è indifferente e un 6,9% è apertamente ostile.
Il 65,2% (2 su 3) pensa che gli immigrati in Italia siano troppi.
Mentre per quanto riguarda gli alloggi popolari, oltre la metà della popolazione (il 55,3%) ritiene che nell’attribuzione gli italiani dovrebbero essere inseriti in graduatoria prima degli immigrati e il 48,7% pensa che sia giusto dare la precedenza agli italiani anche nelle assunzioni.
Per quanto riguarda le politiche del governo a fronte dell’immigrazione: il 24,4% ritiene che la nostra democrazia possa tutelarci contro questo fenomeno, il 40,1% teme che il razzismo possa dilagare anche a partire da pochi casi isolati; il 35,5%, vede il pericolo di tragedie che potrebbero scaturire dall’intreccio tra crisi economica, disoccupazione e intolleranza.
Redazione