Gran Bretagna: l’italiana costretta al parto non doveva conoscere i trattamenti medici

Londra (Getty images)

“Piangevo. Sentivo la mia bambina che scalciava dentro di me. Li ho supplicati di non praticare il cesareo”, aveva dichiarato un anno e mezzo fa’ ai media britannici, Alessandra Pacchieri, l’italiana 32enne, vittima di una vicenda dai risvolti tragici quando nel 2012, in preda ad un attacco di panico durante un soggiorno a Londra per un corso di aggiornamento professionale, fu ricoverata in un ospedale psichiatrico nella contea dell’Essex, mentre i servizi sociali inglesi la costrinsero al parto cesareo, togliendoli successivamente la figlia.

La notizia è uscita sulle prime pagine dei quotidiani perché la giovane mamma che non ha più notizie di sua figlia da maggio di quest’anno ha deciso d’intraprendere le vie legali.

Ma oltre all’assurdità del caso emergono notizie imbarazzanti sulle procedure applicate sulla nostra connazionale: non solo il fatto che è stata obbligata al parto non naturale ma anche il fatto che i giudici inglesi hanno scritto nell’atto che la donna non doveva essere informata sui trattamenti medici ai quali sarebbe stata sottoposta.

E’quanto rivelano gli avvocati italiani della donna che sottolineano che la donna è stata privata anche del suo diritto di paziente di essere informata sul trattamento medico a cui è stata sottoposta: “La donna non deve sapere niente fino a dopo l’operazione”, ha scritto il giudice Justin Mostyn nell’atto del 23 agosto 2012 che autorizzava il taglio cesareo.

Come ricostruisce il quotidiano La Repubblica.it, Alessandra che era alla 39esima settimana di gravidanza era stata ricoverata per un disturbo bipolare.

All’udienza che si è svolta alla Court of Protection hanno preso parte il Mid-Essex NHS Trust (il servizio sanitario) e il signor Lock, in qualità di tutore della paziente.
Al giudice, i servizi sanitari hanno riferito che la donna “soffriva di un disordine schizofrenico che è di natura psicotica un disturbo che va e viene. Il dottor Spencer è favorevole al cesareo programmato: a causa dello stato mentale in cui si trova potrebbe dissimulare o essere poco collaborativa e inoltre non saremmo in grado di monitorare il battito cardiaco del bambino in caso di complicanze”

Ma tra le incongruenze del procedimento, la prima risulta dal fatto che, per il rischio della rottura del grembo, viene presentata una testimonianza scritta di Spencer non firmata.
Davanti al giudice, il tutore di Alessandra che ha concordato con il parto cesareo ha sottolineato tuttavia la sua proccupazione rispetto alla “proposta dell’autorità locale di utilizzare poteri di polizia per portarle via la neonata. Crediamo che la cura a cui è sottoposta funzionerà e c’è la possibilità che possa recuperare la capacità di badare alla figlia”.
Ma nel documento, dopo le rassicurazioni espresse dal giudice che afferma che “darebbe un po’ drastico avere la polizia al momento del parto”, lo stesso Mostyn si chiede se la paziente sarà messa al corrente del caso. Argomento che trova la conferma della responsabile dei servizi sanitari, la signora Burnham che sostiene che la paziente non sarebbe stata messa al corrente.
A questo punto, il tutore stesso di Alessandra ha sostenuto che “se può essere utile sarebbe appropriato includere nell’order che il contenuto di esso non debba essere comunicato alla paziente prima dell’operazione. Se non lo condivide potrà appellarsi successivamente”.

Per gli avvocati della giovane donna Stefano Oliva e Luana Izzo, è stata una decisione “aberrante, fuori da ogni diritto e da ogni logica” che però è stata messa agli atti.

Redazione

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