HD 106906b: l’esopianeta scoperto grazie ad una collaborazione italo-americana

Un esopianeta (Getty images)

Una giovane laureata all’Università dell’Arizona Vanessa Bailey, alla guida di un team di ricercatori, è stata la protagonista della scoperta di un pianeta chiamato HD 106906b, situato al di fuori del sistema solare, ovvero un pianeta extrasolare (o exopianeta, o esopianeta), orbitante attorno a una stella diversa dal Sole.

HD 106906b ha una temperatura di 1.500 gradi centigradi e orbita attorno alla sua stella madre a una distanza di 650 volte superiore a quella tra la Terra e il Sole: 7 miliardi e 240 milioni di chilometri laddove tra Sole e Terra esiste una distanza di 149 milioni e 600 mila chilometri.

Il corpo celeste ha 13 milioni di anni di vita a fronte della Terra che ha quattro miliardi e mezzo di anni. Secondo gli esperti HD 106906b brilla ancora grazie al calore residuo della sua formazione.
Come riporta Tmnews, si ritiene che i pianeti vicini alle loro stelle come il nostro si siano formati accrescendo materia da piccole strutture rocciose, presenti nel disco protoplanetario di gas e polveri che circondava la stella in formazione: tuttavia questo processo si compie in un lasso di tempo troppo lungo per poter dare vita a pianeti talmente grandi e lontani come HD 106906 b.

Come scrive net1.news.it, gli scienziati ipotizzano che il pianeta si sia formato alla stregua di un sistema binario stellare in miniatura: “È possibile che la stella ed il pianeta si siano formati dal collasso di due ammassi distinti di gas, ma per qualche ragione il progenitore del pianeta è stato privato di una parte di quel materiale e non ha più raggiunto la massa sufficiente per divenire una stella a sua volta”, spiega la Bailey.
Tuttavia non si spiega ancora il rapporto tra le masse del pianeta e della stella madre, che dalle osservazioni risulta che la HD 106906 è cento volte più massiccia del suo pianeta. Fino ad oggi i modelli di formazione di stelle in sistemi binari impongono che la massa di un astro non sia superiore alle dieci volte quella del compagno.

Una scoperta che pone nuove interrogativi e potrà portare a nuovi sviluppi nella comprensione delle leggi che governano l’Universo: “Sistemi del genere hanno il potenziale di aiutarci a sciogliere i nodi riguardanti i modelli di formazione”; ha affermato la giovane ricercatrice.

La scoperta, che è stata divulgata dalla rivista scientifica The Astrophysical Journal Letters, è stata effettuata attraverso le immagini super accurate a infrarossi raccolte dal telescopio Magellan, installato in Cile.
Il telescopio, come riporta Tmnews, ha un sistema di ottica adattiva MAgAO, messo appunto dall’Istituto Nazionale di Astrofisca (Inaf) e l’Osservatorio Astronomico di Arcetri, a Firenze, in collaborazione con l’Università dell’Arizona e i partner industriali italiani Microgate e ADS International.

Soddisfazione espresse dall’Inaf: Runa Briguglio, del gruppo Ottiche Adattive presso l’Osservatorio Astrofisico di Arcetri dell’INAF ha spiegato che “l’ottica adattiva è lo strumento ideale per la ricerca di pianeti al di fuori del Sistema solare, perché permette di compensare il disturbo introdotto dall’atmosfera terrestre e sfruttare appieno il potere risolutivo dei grandi telescopi. Lo strumento è composto da uno specchio deformabile e da un sensore di fronte d’onda a piramide”.

Redazione