Com’è nata l’idea di questo libro?
Per motivi professionali (reportage, saggi) ho percorso tante volte le strade di Pompei, entrando nelle case, negli edifici pubblici, dove si ritrovano ancora nomi, pensieri, imprecazioni, notizie di vita quotidiana. E ho finito col “sentire” le persone che si sdraiavano nei triclini, andavano a pregare Iside o discutevano nella Basilica. Tanta gente, già provata da terremoti e tuttavia pronta a ricominciare, a ricostruire, che in una mattina di piena estate precipitò nel buio, colpita da una pioggia di ceneri e lapilli: una tragedia immane che ora è possibile ricostruire con precisione. Mi ha molto colpito l’ultima fase dell’eruzione: numerosi abitanti erano sopravvissuti alla furia del vulcano, pensavano di avercela fatta, quando sopraggiunsero dei flussi di cenere e gas tossici (surges) che provocarono la morte dei superstiti per asfissia. Più tardi arrivarono altre nubi ardenti, a velocità pazzesche, fino a 80 Km/h, che troncarono muri e trascinarono lontano cadaveri, tegole, travi, alberi. Ho pensato tante volte di descrivere alcune storie possibili di pompeiani, prima e durante la catastrofe, e… alla fine l’ho fatto.
Pompei, ma non solo…
Gli antichi pompeiani viaggiavano, commerciavano nel Mediterraneo, ospitavano personalità illustri. Così come Ercolano, che ne ha condiviso la fine terribile. Ho voluto sottolineare questo aspetto per raccontare di altre città, porti, paesaggi. Nello stesso tempo, ho fatto scorrere le vicende su due binari paralleli: lo stesso periodo vissuto in piccoli centri e nei luoghi del potere. Imperatori, politici locali, aristocratici, schiavi, che affrontano problemi diversi ma sono ugualmente alle prese con difficoltà private. E talvolta le loro strade si incrociano.
Quali sono i luoghi interessati alla trama fuori dalla Campania?
Rieti, città natale della protagonista, e la Spagna: attraverso le peripezie di un personaggio è descritto un viaggio a piedi che ci restituisce una provincia romanizzata dalle grandi risorse naturali. C’è anche un piccolo angolo di Grecia e, naturalmente, Roma, come appariva a un pompeiano che la visitava per la prima volta.
C’è un’identificazione con la protagonista femminile?
Più che identificazione ho provato un affetto particolare per questa donna che, per le vicende che deve affrontare, ne rappresenta molte altre, antiche e moderne: un matrimonio non voluto, difficoltà di adattamento in un nuovo ambiente, ricerca del grande amore. Flavia ricorre a dei sotterfugi solo per necessità; è una persona riservata, che non ostenta la sua bellezza e affronta ogni situazione con coraggio e dignità. Qualcosa di personale, comunque, si riflette anche in taluni aspetti del carattere o del comportamento di altre figure femminili: l’imprenditrice Giulia, la gelosa Melissa, la poetessa Trebonia, la mite Publilia, la schiava Klea. È la vita dell’epoca declinata al femminile, per tanti versi simile alla nostra.
E, tra i personaggi maschili, chi ha sentito più vicino?
Il medico Terenzio, senza dubbio: in certe sue caratteristiche ho descritto mio padre.
In quali altri aspetti si possono trovare affinità con la vita odierna?
A parte i sentimenti, la ricerca della bellezza e del piacere, il gusto dell’arte, le stesse difficoltà connesse al quotidiano, uguali sotto ogni latitudine e in ogni tempo, il modo di vivere era del tutto diverso. Dalla concezione della sessualità alla misurazione del tempo. Così, se l’onestà, la lealtà verso la res publica, l’affetto per i figli erano valori che continuiamo a condividere, molti altri, come la dignità del lavoro, l’abolizione della schiavitù, sono conquiste moderne.
Sono milioni i visitatori che ogni anno arrivano a Pompei. Cosa li attira e in che cosa possono restare delusi?
Pompei è un mito, che sin dal suo ritrovamento ha ispirato artisti e letterati. L’ampiezza del suo scavo infatti, più degli altri centri distrutti dall’eruzione, ha restituito uno spaccato unico della vita di tutti i giorni nella prima età imperiale: affreschi di mille colori, oggetti di ogni genere, capolavori artistici, quadretti erotici. Una dimensione privata, e sconosciuta, dell’antichità che comprendeva finanche gli scheletri delle vittime, fissate nei loro ultimi gesti. Ma se Pompei continua a immergere i visitatori nella realtà urbana dell’epoca (domus, strade, monumenti cauponae, lupanari) non ha più gli elementi che caratterizzavano le abitazioni al momento della scoperta. Per ricostruire il suo percorso storico e ricomporne i segni, si deve andare al Museo nazionale Archeologico di Napoli. E’ lì che si ritrova il celebre tesoro d’argenteria appartenuto a Quinto Poppeo, e che si possono ammirare straordinari mosaici e affreschi accanto ad amuleti, lucerne, arnesi da lavoro, strumenti chirurgici.
Il Vesuvio, che dà il titolo al romanzo, proietta la sua ombra inquietante sin dall’inizio. Anche se si sa com’è andata, c’è sempre un clima di attesa in vista della catastrofe. Un monito anche per oggi?
Sicuramente. Perché allora i pompeiani che costruivano ville alle sue pendici ignoravano che fosse un vulcano; ora sappiamo di cosa è capace, eppure si sfida il suo potenziale distruttivo con un’edilizia senza regole. Ricordare quanto è realmente accaduto dovrebbe far riflettere. E dire che già dopo l’eruzione del 1631 il viceré Emanuele Fonseca Zunica aveva fatto esporre una lapide scritta in latino rivolta ai posteri, che ancora si legge: “Fuggi quando ti è ancora possibile!”, ammoniva. Il Vesuvio “all’improvviso scoppia, si squarcia, vomita un torrente formato da fuoco che viene giù a interrompere una fuga tardiva. Quando ti sorprende è finita”.
Intervista di Silvia Casini