
Si è aperta questa mattina l’udienza del processo d’Appello bis per l’omicidio di Meredith Kercher, la giovane studentessa inglese assassinata nella sua abitaziona a Perugia, la sera del 1 novembre 2007, nell’aula della Corte d’Assise d’Appello di Firenze.
Da oggi interverranno le difese dei due imputati, Raffaele Sollecito e Amanda Knox: a prendere la parola sarà il collegio difensivo della giovane americana, gli avvocati Luciano Ghirga e Carlo Dalla Vedova.
Mentre la corte si riunirà il prossimo 9 gennaio quando sarà il turno del collegio difensivo di Sollecito guidato dall’avvocato Giulia Bongiorno.
Con molte probabilità, come riporta l’Ansa, il 10 gennaio dovrebbe intervenire il procuratore generale Alessandro Crini che terrà la controreplica, mentre la corte d’Assise d’Appello si riunirà in camera di consiglio il 15 gennaio e in serata dovrebbe arrivare la sentenza.
Il pg Crini nel corso della requisitoria ha chiesto 26 anni di condanna per entrambi gli imputati e per Amanda Knox in aggiunta la condanna anche a 4 anni (di cui 3 già definitivi) per calunnia aggravata nei confronti di Patrick Lumumba.
A questa richiesta, si è aggiunto ieri anche l’avvocato Francesco Maresca, il legale del collegio difensivo della famiglia Kercher.
In occasione dell’arringa dei suoi difensori, l’imputata Amanda Knox ha inviato alla Corte d’assise d’appello di Firenze una lettera che però è stata considerata “irrituale” dal presidente della Corte d’assise Alessandro Nencini che ha sottolineato prima di leggere la lettera in aula che “chi vuol parlare nei processi viene nei processi. Non sono dichiarazioni spontanee”.
Inoltre, Nencini ha osservato che sono i difensori ad attribuire ad Amanda la paternità del testo: “Io non l’ho mai vista, non la conosco”.
Nella sua lettera, la Knox giustifica la sua assenza in aula sottolineando che “non sono presente in aula perché ho paura. Ho paura che la veemenza dell’accusa vi impressionerà, che il loro fumo negli occhi vi accecherà”.
La giovane americana prosegue affermando che le accuse sono un “abuso ingiusto e maligno. Il mio comportamento dopo la scoperta dell’omicidio indica la mia innocenza. Mai avrei pensato o immaginato che avrebbero usato la mia ingenua spontaneità per supportare i loro sospetti. Non ho nascosto i miei sentimenti: quando avevo bisogno di conforto Raffaele mi abbracciava, quando ero arrabbiata bestemmiavo e facevo osservazioni insensibili”.
“Meredith era la mia amica. Lei mi era simpatica, mi aiutava, era generosa e divertente. Non mi ha mai criticata. Non mi ha mai dato neppure un’occhiataccia. L’accusa afferma che una rottura era avvenuta fra me e Meredith per la pulizia. Questa affermazione è una deformazione dei fatti. Nel periodo breve che Meredith e io eravamo coinquiline e amiche non abbiamo mai litigato”, prosegue l’imputata che poi continua parlando del processo e delle calunnie rivolte nei confronti di Patrick Lumumba e di quando la portarono in questura.
“Dobbiamo riconoscere che una persona possa essere portata a confessare falsamente perchè torturata psicologicamente. Mi hanno mentito, urlato, minacciata, dato due scappellotti sulla testa. Mi hanno detto che non avrei mai più visto la mia famiglia se non avessi ricordato cos’era successo a Meredith quella notte”.
Redazione
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