
All’indomani di un sventato tentativo di colpo di stato in Sudan del Sud condotto contro il presidente Salva Kiir che accusa il suo ex vicepresidente, Riek Machar, il clima di tensione in Sudan del Sud è sfociato in una vera e propria guerriglia tra due etnie che da domenica si stanno fronteggiando nell’area della capitale Juba: la Dinka a sostegno dell’attuale presidente e quella Nuer a favore di Machar.
Nel conflitto sono intervenuti anche i militari che secondo quanto riporta LeMonde, alcune fonti umanitarie hanno sottolineato che già da ieri l’esercito ha preso di mira cittadini di etnia Nuer.
Al momento il bilancio dei morti registra una strage: un responsabile delle Nazioni Unite ha reso noto che si contano tra i 400 e i 500 cadaveri trasportati negli ospedali di Juba, a seguito dei combattimenti che contrappongono fazioni rivali dell’esercito, mentre più di 10 mila abitanti si sono rifugiati nelle basi locali dell’ONU.
Il vice segretario alle operazioni di peacekeeping dell’Onu, Hervé Ladsous, ha aggiunto di fronte al Consiglio di Sicurezza che altre ottocento persone sono rimaste ferite.
Secondo gli osservatori, il colpo di stato sarebbe un pretesto: infatti, come riporta il quotidiano francese Le Monde, il sito indipendente Sudan Tribune riferisce che Riek Machar affermerebbe che “non c’è stato nessun colpo di stato e che quello che è accaduto a Juba è un fraintendimento tra i membri della guardia presidenziale”.
Martedì mattina, il governo ha annunciato l’arresto di dieci esponenti politici che sarebbero stati coinvolti nel colpo di stato fallito. Tra questi si contano otto ex ministri. Ma secondo Machar, spiega Le Monde, questi esponenti erano da tempo sospetti per essersi alleati a Khartoum ai tempi della guerra civile. PEr il governo ci sarebbero altri quattro politici ricercati del Sudan del Sud.
Sempre ieri mattina, il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha chiamato il presidente Kiir al dialogo con i suoi oppositori per mettere un termine ai combattimenti.
Redazione
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