Confindustria denuncia: “I danni della recessione commisurabili a quelli di una guerra”

Il logo di Confindustria (ANDREAS SOLARO/AFP/Getty Images)

Un nuovo rapporto del Centro Studi di Confindustria intitolato “La difficile ripresa. Cultura motore dello sviluppo” ha messo in luce una realtà catastrofica per il nostro Paese, sostenendo tra l’altro: “L’Italia si presenta alle porte del 2014 con pesanti danni, commisurabili solo con quelli di una guerra”. Secondo il CSC, è forte il “cedimento della tenuta sociale”, che porti poi al “montare della protesta che si incanali verso rappresentanze che predicano la violazione delle regole e la sovversione delle istituzioni”.

“Il destino dell’Italia che si ripete con il coagularsi di importanti gruppi politici anti sistema”, sostiene ancora Confindustria, che ritiene “improprio” parlare di ripresa nel 2014-2015, perché questo termine “appare derisorio nei confronti di quanti, imprenditori e lavoratori, resteranno in difficoltà a lungo”; sarebbe più opportuno, spiegano da Viale dell’Astronomia, sostenere la locuzione “nuova era e di ricostruzione”, un’era in cui “accanto alle tante carenze da colmare potranno registrarsi buone carte da giocare sulla competitività internazionali”.

“Le persone a cui manca il lavoro, totalmente o parzialmente, sono 7,3 milioni, due volte la cifra di sei anni fa. Anche i poveri sono raddoppiati a 4,8 milioni”, sostiene ancora Confindustria, evidenziando come negli anni della crisi “le famiglie hanno tagliato sette settimane di consumi, ossia 5.037 euro in media l’anno”. La nota positiva è che si è fermata “l’emorragia occupazionale” e che il tasso di disoccupazione è rimasto pressocché invariato.

Confindustria critica poi la legge di stabilità, che avrà un impatto di crescita “molto piccolo”, variabile tra lo 0,1 e lo 0,2%, e che nel 2015 avrà “un effetto restrittivo della stessa entità di quello espansivo del 2014”. La maggiore preoccupazione del Centro Studi è sui 200 miliardi di euro di reddito che sarebbero andati in fumo nei sei anni tra il 2007 e il 2013, ma che – sostengono gli industriali – possono essere recuperati attraverso “riforme incisive”.

Preoccupano inoltre le retribuzioni contrattuali orarie, ferme rispetto a un mese fa e in crescita di appena l’1,3% rispetto all’anno precedente. Si legge nello studio: “I settori che a novembre presentano gli incrementi tendenziali maggiori sono: telecomunicazioni (4%); agricoltura (3,3%); chimica e metalmeccanica (entrambi 2,3%)”. Preoccupa infine la quota di dipendenti in attesa di rinnovo, che è del 48,9% nel totale dell’economia.

Redazione online