
Il governo indiano ha ammonito e ripreso la Corte Suprema nazionale che la scorsa settimana ha emesso una sentenza con la quale si conferma una delle leggi presenti nell’ordinamento locale ma fortemente criticata perché lesiva dei diritti dei cittadini omosessuali di vivere la propria sessualità. Secondo quanto affermato dal ministro della Giustizia, Kapil Sibal, la Corte dovrebbe rivedere il suo giudizio perché quest’ultimo rappresenta un retaggio del trascorso coloniale indiano e punisce con una condanna fino a dieci anni di carcere gli individui sulla base di una pesante discriminazione. “Speriamo sia preservato il diritto alla libertà personale”, ha affermato Sibal.
La decisione della Corte aveva riportato il paese indietro di anni, a prima di una sentenza del 2009 che aveva destituito da un punto di vista dell’attuazione la norma. Come spiegato dal ministro Sibal, la legge sull’omosessualità vigente in India risale al 1860, anno in cui i coloni britannici imposero all’Asia del sud l’eredità della loro conquista e imposero la repressione di comportamenti sessuali ritenuti non normativi.
Intanto, la testata India Today è uscita oggi, sulla scia delle polemiche scatenate dalla sentenza, con l’immagine di un uomo che porge un cartello con scritto: “Non sono un criminale”.
Redazione online