
“Ora sono ufficialmente un fuorilegge”, così Frank Mugisha, leader degli attivisti omosessuali in Uganda, ha commentato l’approvazione da parte del Parlamento della contestatissima legge anti-gay rimasta a lungo in discussione e che ora prevede l’ergastolo per i gay che venissero ritenuti “recidivi”. Al contrario di Mugisha, che grazie alle sue battaglie è stato insignito del premio Robert F. Kennedy per i diritti umani e ha conseguito una laurea honoris causa in un’università belga, nessun commento è giunto da Pepe Julian Onziema, transessuale e figura di spicca nelle battaglie per i diritti degli omosessuali nel Paese.
Soddisfatto invece il commento di David Bahati, il deputato che ha presentato il progetto di legge che prevedeva in prima lettura anche la pena di morte in alcuni casi come la sieropositiva e i rapporti con i minorenni: “Questa è una vittoria per l’Uganda, sono felice che il Parlamento abbia votato contro il male. E’ una vittoria per l’Uganda, una nazione timorata di Dio, questi sono i nostri valori, non importa cosa pensino nel resto del mondo”.
Tuttavia, l’approvazione definitiva della legge dovrebbe passare dalla firma del Capo dello Stato ugandese, Yoweri Museveni, che appare tutt’altro che scontata, soprattutto perché a rischio potrebbero essere i rapporti con i Paesi occidentali e con gli Stati Uniti, che potrebbero puntare l’indice proprio contro l’illiberalità della norma.
Già nel maggio 2011, la proposta di legge aveva ricevuto il biasimo di Graeme Reid, il responsabile dei diritti delle minoranze sessuali per Human Rights Watch: “Il progetto di legge contro gli omosessuali e la pesante repressione da parte del governo delle manifestazioni pacifiche che si sono tenute in queste ultime settimane testimoniano come venga limitato lo spazio per i diritti dell’uomo in Uganda”.
Redazione online