
Tra l’indignazione generale è stata varata dal governo spagnolo la nuova normativa in materia d’aborto. La riforma, fortemente voluta dal ministro della Giustizia Alberto-Ruiz Gallardón, catapulta il paese iberico e le sue cittadine agli anni Ottanta, quando la Spagna, appena uscita dal regime franchista non conosceva ancora una legge sull’interruzione volontaria di gravidanza che contemplasse la donna come soggetto capace di autodoterminare la propria capacità riproduttiva. Come la norma vigente a partire dal 1985, il disegno che è uscito nelle ultime ore dalle stanze del governo Rajoy e che ora si troverà a dover espletare il proprio iter parlamentare considera l’aborto una pratica illegale e prevede solamente due eccezioni alla restrittiva regola: la donna potrà ricorrere a un’ivg qualora vittima di violenza sessuale oppure in pericolo di vita per via della propria gravidanza.
In un primo momento il governo aveva considerato l’ipotesi di consentire l’aborto volontario nei casi di attestata malformazione del feto ma, in questa clausola non è stata inserita nel disegno finale, portando a tutti gli effetti a una retrocessione ulteriore rispetto alla legge del 1985 che prevedeva l’interruzione della gravidanza in casi di questo tipo.
Il governo Rajoy e il ministro Gallardón hanno fatto piazza pulita della Ley Organica 2/2010, la legge sull’aborto che permetteva alle donne spagnole di abortire entro la quattordicesima settimana dalla data del concepimento e allineava la Spagna al resto d’Europa. Con la norma che dovrebbe essere approvata a breve in sede parlamentare, il paese iberico si avvicinerà invece alle legislazioni di Irlanda e Malta, gli unici due stati europei che non riconoscono il diritto delle cittadine ad interrompere la gravidanza, se non nel caso di un pericolo per la salute o la vita.
Ieri, in corrispondenza del varo della normativa, già ampiamente annunciato dall’esecutivo, si sono radunati sotto al ministero della Giustizia di Madrid migliaia di cittadini, uomini e donne in assetto di protesta. Le strade sono tornate a riempirsi di slogan e gesti femministi. Cartelli di tutti i tipi recitavano: “Derecho a decidir” (diritto a decidere), “Madre libre” (madre libera), “Aborto legal para no morir” (aborto legale per non morire). Ognuno ricordava e rivendicava il principio, caposaldo delle battaglie delle donne, della libera scelta dei soggetti femminili ad agire sul proprio corpo.
Nicoletta Mandolini