
La storia di Roberto Bolle, raccontata dal ballerino stesso in un’intervista a “Repubblica”, è comune a quella di molti altri personaggi del mondo del cinema e dello spettacolo, che senza accorgersene hanno cominciato da piccoli a fare ciò che li appassionava, e, quasi senza accorgersene, si sono ritrovati a calcare i più importanti palcoscenici del mondo.
Bolle, ad oggi primo ballerino dell’ American Ballet Theater, è partito dalla provincia di Vercelli, dove, ammette candidamente, si trovava a suo agio. “Io non avevo piacere di trasferirmi a Milano per seguire le lezioni alla Scala, da questo punto di vista i miei genitori mi hanno aiutato molto. Io stavo bene dov’ero, avrei potuto continuare a ballare in una realtà molto piccola, ma la spinta che mi hanno dato verso l’esterno mi ha permesso di rendere questa passione una professione. A permettermi di arrivare al successo è stato un giusto mix di talento, passione, e doti necessarie a svilupparla, ma senza i miei genitori non sarei mai riuscito, mi hanno veramente sempre assecondato e sospinto in questo, perchè quando cominci qualcosa ad 11 anni, che tu la finisca o meno, va bene lo stesso. All’epoca non pensavo che danzando avrei cambiato la mia vita come, ad esempio, con la scelta dell’università; mi sembrava solo che stessi facendo qualcosa che mi faceva stare bene, e perciò mi sentivo e mi sento felice di aver intrapreso questa strada”.
Adesso la carriera di Roberto Bolle non si ferma più. Il ballerino trascorrerà molti mesi oltre Oceano a partire da gennaio, quando comincerà a prepararsi per la stagione dell’American Ballet Theater: il primo appuntamento sul palco del Metropolitan di New York sarà il 2 giugno con la messa in scena di Manon, ma prima lo attendono Giselle e il Lago dei Cigni, nei teatri di Londra, Tokyo e Milano.
Redazione