
Il caso regna in Libia dove ieri si sono registrati degli scontri davanti alla sede del Parlamento, il Congresso nazionale generale (Cng) dopo un attacco condotto dalle milizie del generale in pensione Khalifa Haftar, che hanno costretto alla fuga i deputati.
Il portavoce ha dichiarato che “l’obiettivo dell’attacco sono gli islamisti presenti in parlamento che proteggono le milizie estremiste” di Bengasi, “che stanno affliggendo la nazione”. Haftar sta impiegando anche velivoli e truppe governative.
I combattimenti tra milizie rivali si son poi estesi in varie località e a sud di Tripoli sono state uccise due persone e ci sono stati 55 feriti.
A Bengasi invece ci sono stati dei lanci di razzi contro la base aerea di Benina chiusa venerdì per motivi di sicurezza e la televisione privata, Libya International, che aveva trasmesso un messaggio del colonnello, Mokhtar Farnana, che parlava a nome dell’esercito annunciando la chiusura del Cng.
Il ministro della Giustizia libico Salah al-Marghani che ha confermato il bilancio della vittime ha poi voluto precisare che le violenze a Tripoli “non hanno legami reali” con l’offensiva lanciata venerdì contro gli estremisti islamici nell’est del Paese dall’ex generale Haftar a Bengasi, definita dalle autorità un tentativo di colpo di stato, concludendo che “il governo condanna l’espressione di opinioni politiche attraverso l’uso delle forze armate”.
Sabato 17 maggio, a Bengasi si sono registrati 79 morti e 140 feriti.
Al-Marghani ha anche rivolto un “appello per una fine immediata dell’uso dell’arsenale militare e invita tutte le parti a riprendere il dialogo e la riconciliazione”.
Oggi resta ancora chiusa la sede del Parlamento dopo l’attacco del generale in Haftar, responsabile del comando delle truppe di terra dell’autoproclamato “Esercito libero” che nel 2011 ha combattuto per la deposizione del regime di Muammar Gheddafi.
Come riporta l’Ansa, il quotidiano locale Libya Herald riferisce del sequestro di sette deputati.
La reazione scaturisce a due settimane dalle elezioni che hanno portato alla nomina del nuovo premier Ahmed Miitig, considerato troppo vicino ai fondamentalisti islamici.
Tuttavia, il presidente del Cng, Nouri Abou Sahmein, ha definito l’attacco al parlamento un tentato colpo di stato mentre il lancio di razzi a Bengasi è stato attribuito ai miliziani di Zintan, che tengono prigioniero il figlio del defunto Muammar Gheddafi, Saif al-Islam, rifiutandosi sempre di consegnarlo a Tripoli e che fin dall’inizio si oppongono fortemente al fondamentalismo islamico.
Redazione
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