Hiv: 4 mila nuovi casi ogni anno in Italia

Laboratorio (Getty IMages)
Laboratorio (Getty IMages)

Nell’ambito della IV edizione dell’Italian conference on Aids and retrovirus (Icar), promossa dalla Società italiana malattie infettive e tropicali (Simit) oggi a Roma sono stati presentati i dati sulla diffusione della malattia dell’Hiv in Italia che registrano una crescita di circa 4 mila nuove diagnosi di infezioni da Hiv l’anno.
Tra le regioni dove si riscontrano il maggior numero dei casi spiccano la Lombardia con un 27,6% di casi, il Lazio con il 14,5% e l’Emilia-Romagna con il 10,4% in Italia.
Complessivamente il numero di persone affette dal virus sono 150mila in Italia.
Secondo la ricerca degli anni Ottanta ad oggi la distribuzione dei casi per modalità di trasmissione ha subito un notevole cambiamento.
Infatti, se prima la trasmissione del virus avveniva per scambio di siringhe, enlla cerchia ristretta dei tossicodipendenti, questo tipo di trasmissione è diminuito dal 76,2% nel 1985 al 5,3% nel 2012.
Attualmente sono invece aumentati i casi attribuibili a trasmissione sessuale che nel 1985 incidevano dell’1,7% sulla diffusione del virus e che nel 2012 invece rappresenta il 42,7% nel 2012.
In questo scenario, sono aumentati anche i casi attribuibili a trasmissione omosessuale che sono passati dal 6,3% al 37,9%.

Gli esperti evidenziano il dato allarmante dell’età della diagnosi che è sempre più alta ed è passata ad un’età mediana di 38 anni per i maschi e di 36 anni per le femmine.
Un’età che per la diagnosi si rivela sempre più frequentemente troppi tardi, quando l’infezione ha già determinato gravi danni all’immunità.

“La sensazione di noi specialisti è che le denunce di infezione possano essere sottostimate rispetto ai casi effettivi. Al di là dei numeri, ciò che ci colpisce sono le nuove popolazioni: aumentano le infezioni per i giovani omosessuali, che pensavamo protetti dalle campagne d’informazione”, sottolinea Carlo Federico Perno, ordinario di Virologia Università di Roma Tor Vergata e direttore Scuola di specializzazione in Microbiologia e Virologia.
“Inoltre l’Italia è tra i fanalini di coda in Europa come tempo della diagnosi: è troppo tardiva, in fase avanzata, e questo significa minori chance di tornare alla normalità anche con una terapia antivirale efficace, nonché maggiori chance di contagio di altre persone nel lungo periodo che intercorre tra l’infezione e la diagnosi (tardiva). La colpa è, purtroppo, semplice: la totale assenza della percezione della malattia e la completa incoscienza di fronte alla gravità della stessa” ha poi aggiunto Perno evidenziando che “sesso sregolato e mancanza di percezione del rischio e della conseguente necessità di proteggersi, al giorno d’oggi, sono i principali fattori che favoriscono il contagio: rimane importante il ruolo delle droghe, soprattutto cocaina, che abbassano i freni inibitori e provocano un cedimento dell’autocontrollo, soprattutto tra i giovani”.

Tanto che secondo l’esperto “si può calcolare un aumento di infezioni, negli ultimi anni, del 10-15% nella fascia più giovane, tra i 16 e i 25 anni, soprattutto a causa di rapporti omosessuali”.

Barbara Ensoli, direttore del Centro nazionale Aids dell’Istituto superiore di sanità (Iss), a margine della conferenza ha assicurato che “abbiamo completato la fase due della sperimentazione clinica del nuovo vaccino” terapeutico contro l’Aids che in Italia è stata condotta su 168 persone.
“Stiamo terminando la fase due in Sud Africa su 200 soggetti. I risultati sono incoraggianti” ha sottolineato il Direttore dell’Iss affermando che “se tutto va bene, e troviamo i fondi, a fine 2018 dovremmo registrare il vaccino e iniziare a commercializzarlo in Sud Africa, poi anche in Europa”.

La Ensoli ha poi precisato che il vaccino “ha effetti positivi sui marcatori immunologici e virologici dell’infezione. I dati preliminari sono incoraggianti, ma ci vogliono ancora alcuni anni prima di avere il vaccino disponibile per le persone”.
Ma non solo. Il direttore dell’Iss ha anche spiegato che è necessario trovare delle risorse di cui almeno “35-40 milioni per registrarlo” in Sud Africa e “altri 50-60 milioni per portarlo in Europa”.
La Ensoli ha infine ricordato che per la sperimentazione di questo vaccino lo Stato italiano “ha speso 26,8 mln di euro”.

Redazione