“Hollow City- Il ritorno dei bambini speciali di Miss Peregrine”: recensione

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Prendete un pizzico di fantasia surreale in perfetto stile Terry Gilliam, una manciata di ironia degna de La principessa sposa di William Goldman, una spruzzata di fantasy, di loop e salti temporali, un paio di inquietanti foto d’epoca, un’aggiunta di horror alla Edgar Allan Poe, mescolate bene e poi addolcite il tutto con un delicato velo fiabesco…

Cosa otterrete? Semplice: Hollow City- Il ritorno dei bambini speciali di Miss Peregrine di Ransom Riggs, l’atteso sequel di La casa per bambini speciali di Miss Peregrine, un fenomeno internazionale da un milione e mezzo di copie, destinato a diventare un film prodotto dalla 20th Century Fox, scritto e diretto da Tim Burton.

E non a caso… infatti, il  macabro e gentile “poeta degli esclusi” (così era stato definito a Venezia, in occasione del “Leone d’oro” alla carriera), da Edward mani di forbice a Ed Wood, fino ad arrivare a Nightmare before Christmas, a La sposa cadavere, ecc., ha sempre portato sul grande schermo personaggi bizzarri, lungi dall’essere circondati da una rassicurante normalità. E lo ha fatto anche Riggs su carta, tant’è che la sua ultima fatica letteraria, proprio come l’opera di esordio, oscilla dal romanzo di formazione al fantastico, fino ad arrivare alla ghost story e sconfinare nel racconto per ragazzi.

Fantasiosi, visionari, magicamente surreali, istintivamente inclini al gothic, Burton e Riggs potrebbero portare una bella ventata di novità nel panorama cinematografico, grazie a un universo strambo creato dalla penna fatata dell’autore, e al potere immaginifico del regista, che in tutti i suoi lavori non smette di celebrare il lato oscuro dell’infanzia e del soprannaturale.

E se la creatività burtoniana risulta illimitata, anche Riggs la sa lunga. Infatti, riesce a suggerire atmosfere tetre, talvolta ammantate da contorni sfumati, fumosi come nebbia, talvolta vividi ed esplosivi, che prendono vita grazie a una cifra stilistica corposa, densa di particolari, in grado di fondere perfettamente humour e gusto gotico. Inoltre, le cupe fotografie vintage all’interno del libro contribuiscono a renderlo ancora più evocativo. Le descrizioni sono minuziose, e nonostante i protagonisti della storia siano giovani, in realtà si tratta di un’opera “adulta”, matura, come dimostrano i molteplici accenni alla guerra, a Hitler e al genocidio.

In questo secondo capitolo, troviamo Jacob Portman, che da ragazzo qualunque, si ritrova a vivere un’avventura bislacca e piena di pericoli. Ma è un predestinato? È uno “speciale” dai poteri prodigiosi? O è un potente investigatore dell’ombra? Oppure un cacciatore di mostri terribili? Nessuno lo sa. L’unica cosa certa è che sembrano trascorsi secoli dal giorno in cui la misteriosa morte del nonno lo ha spinto a indagare sul suo passato, catapultandolo sull’isoletta di Cairnholm, al largo delle coste gallesi. È qui che si imbatte nella strampalata combriccola dei bambini speciali: creature dotate di poteri affascinanti, membri superstiti di una stirpe particolare, obbligati, per sfuggire alla persecuzione di un mondo ottusamente normale, ad affidarsi alle cure dell’enigmatica e severa Miss Peregrine, la “donna-uccello” in grado di manipolare il tempo. Ma ora che Miss Peregrine è ferita e non riesce a ritrovare le proprie sembianze umane, i bambini speciali e Jacob sono costretti a vedersela con chi minaccia da sempre di distruggerli, nel tentativo di estirpare la loro magnifica stranezza.

E così, capitolo dopo capitolo, il lettore viene catapultato all’interno di una fiaba originale e assurda al contempo, minata dal Male, ma dove affiora sempre la volontà di contrastare un mondo che non abbraccia la diversità, e anzi la soverchia. Pertanto, alla fine si renderà conto che il mondo di Jacob e dei bambini speciali, considerati dei veri e propri outsider, rispecchia la società contemporanea che osteggia la vita a colpi di sofferenza e di irragionevole ira.

La commistione dei generi, gli straordinari scatti rétro e il delicato substrato emotivo, poi, rendono ancor più magica e coinvolgente la lettura. È la trama sui generis, infatti, assieme al connubio sapiente di realtà e sogno, presente e passato, a costituire il vero punto di forza del libro. Quindi, aspettatevi di tutto: bambini che si issano su candide nubi, case costruite su cataste di legno a mo’ di torri, ominidi affettuosi come cani, cani parlanti con nomi da nobili che fumano pipe, galline che si emozionano e depongono uova esplosive, scorribande avanti e indietro nel tempo, orde di Vacui, ovvero di creature orrende che minacciano da sempre la sopravvivenza degli speciali, i cosiddetti syndrigast, nel venerabile linguaggio degli antenati, ecc.

E se vi sembra abbastanza, fidatevi non lo è, perché i poteri magici dei bambini speciali (la capacità di Emma di produrre fuoco dalle mani, l’invisibilità di Millard, le doti profetiche di Horace, la levità di Olive, la forza sovrumana di Bronwyn, l’abilità dell’irriverente Enoch di risvegliare i morti, la tempestività di Hugh il ragazzo-alveare, la giovane Claire munita di due bocche e la taciturna Fiona in grado di far crescere spontaneamente fiori e piante) finiranno per scontrarsi e imbattersi in altri simili prodigi.

E poi, loro sono freak, proprio come i fenomeni da circo che conosceranno durante la loro avventura. Sono emarginati e incompresi, proprio come i gitani in cui si imbatteranno. Sono unici, proprio come tutti coloro che restano estranei alla grigia realtà. Ma soprattutto sono colpevoli di essere semplicemente diversi. E Riggs è con loro, tant’è che ci svela la loro sensibile bellezza, contrapposta a una società bieca, dominata da mostri e dai cosiddetti “normali”, che spesso e volentieri si abbandona alla violenza e all’uccisione gratuita di persone e di animali innocenti. E sotto un manto fiabesco lancia un’accusa profonda contro ogni forma di guerra (passata, presente e futura), e contro l’estinzione delle rare specie faunistiche, contro i mali dell’ottusità umana. Infatti, Jacob e i bambini speciali lo scopriranno a loro spese nel serraglio, dove un tempo viveva Pompey, una cagnolina con la lingua dotata di guarire le ferite, ma che ora è solo uno dei tanti nomi incisi sulle tombe che popolano il cimitero. E se all’orrore imposto dall’uomo sembra non esserci una cura, allora non resta che rifugiarsi in un mondo interiore, in quell’unico luogo necessario per sfuggire alla dura realtà.

Ricco di citazioni, letterarie, filmiche e anche artistiche, tipiche del surrealismo magico, della pop art, e delle atmosfere hopperiane, il romanzo trasporta il lettore nel malinconico romanticismo di un mondo, contraddittorio e imprevisto, dove tutto è possibile, sottolineando l’importanza della fantasia, dei sogni e dell’amore, da intendersi come valori salvifici, il vero bagliore di speranza al fulmicotone, nell’oscurità dell’oblio in cui siamo relegati. E allora lettori, se anche voi appartenete alla categoria degli eletti, degli speciali, entrate in questo universo visionario in punta di piedi, muovetevi con cautela nella rete dei piani temporali, non sconvolgetevi davanti agli scenari orrifici, continuate ad andare avanti, proprio come Jacob, e ponete attenzione… sbirciate le illustrazioni senza destare sospetti, non scatenate l’ira dei Vacui, ignorate le predizioni lunari di Horace, ma soprattutto non sfidate mai un girastruzzo a carte.

Silvia Casini