Una ragazza di Belfast, in Irlanda del Nord, come fanno migliaia di donne e uomini ogni minuto in ciascun angolo del mondo, è andata ad acquistare un paio di normalissimi Jeans senza leggere l’etichetta. L’acquisto è stato fatto tre anni fa, ma, a causa di un difetto alla lampo, i pantaloni erano rimasti nel cassetto. Avendo deciso di farli aggiustare, la ragazza si è accorta che all’interno di una tasca c’era un messaggio. Il biglietto (come ha raccontato la protagonista anche a “La Repubblica”) era scritto in cinese, ma conteneva, scritta per tre volte, una parola conosciuta il tutto il mondo: “SOS”!
Una volta fatta questa scoperta il messaggio è stato poi tradotto interamente e consegnato poi alla sede locale di Amnesty International. Ecco il contenuto: “Siamo detenuti nella prigione Xiangnan di Hubei, in Cina. Da molto tempo lavoriamo in carcere per produrre abbigliamento per l’esportazione. Ci fanno fare turni di 15 ore al giorno. Quello che ci danno da mangiare è perfino peggio di quello che si darebbe a un cane o un maiale. Siamo tenuti ai lavori forzati come animali. Chiediamo alla comunità internazionale di condannare la Cina per questo trattamento disumano”.
Amnesty International ha spiegato che non sarà facile risalire all’operaio che ha lanciato l’SOS e quindi alla ditta per cui lavora. Di certo è risaputo che in alcune aree del mondo, concentrate in Asia, America Latina e Africa, le condizioni dei lavoratori sono nella migliore delle ipotesi “pessime”. Nel frattempo la Primark, azienda che distribuisce questo tipo di pantaloni è già nel recente passato coinvolta in episodi simili, ha predisposto una indagine interna per cercare di trovare eventuali responsabilità, affermando però che dai controlli effettuati da tempo a questa parte non sono mai venuti alla luce fatti di questo tipo.
Redazione Online