L’ultima intervista a Giorgio Faletti

Giorgio Faletti (getty images)
Giorgio Faletti (getty images)

Nell’ottobre del 2013, Giorgio Faletti, scomparso oggi a Torino stroncato da male un male incurabile, aveva rilasciato una lunga intervista al quotidiano Repubblica, della quale vi proponiamo qui una parte: “Ho passato i sessanta ma mi sento un ragazzino. Il mio epitaffio sarà: qui giace Giorgio Faletti, morto a diciassette anni. Ho tanta energia e voglia di mettermi in gioco. Non ho paura di rischiare”. A parlare, tra le nebbie autunnali della natia Asti, è un globetrotter delle arti e dei media, Giorgio Faletti, splendido sessantaduenne ma non proprio un giovincello. Il quale con spirito adrenalinico da adolescente (un amore per la vita scoperto, dice, dopo essere sopravvissuto all’ictus: “Ho imparato a non rimandare nulla”), non pago di aver mietuto successi come comico, attore, cantante, pittore e soprattutto autore di romanzi bestseller, in una carriera trentennale che lo ha portato dal Monferrato a New York, si lancia nell’avventura dell’one man show. E debutta con una versione in solitaria- senza band né scenografie – del recital tratto dall’ultimo libro, “Da quando a ora”, pubblicato da Einaudi nel 2012.

Faletti, una prima nazionale in una piazza come Borgaro. Scelta insolita, non le pare? “Non sono uno che se la tira. Vado dove mi chiamano, con la massima modestia. Rispetto tutto il pubblico. Forse solo ad Auschwitz mi rifiuterei di cantare”. Si esibisce solo, senza band. Nudo e crudo. Perché questa voglia di raccontarsi? “Senza orchestra lo spettacolo è meno rigido e ho più libertà di improvvisare. Faccio quello che ho sempre fatto: mi metto da solo davanti a un microfono. Questa volta anche con la chitarra. Lo spettacolo nasce dal libro e il libro dal desiderio di far ascoltare miei pezzi inediti (dodici tracce nel volume/cd, ndr). Da tempo sentivo il desiderio di tornare in teatro”.

 

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redazione