
Matteo Renzi replica a breve giro di posta alle affermazioni dei Beppe Grillo seguite al mancato incontro tra PD e Movimento 5 Stelle sulla legge elettorale. – “Un confronto democratico e trasparente in Italia è oggi impossibile. Il PD ha annullato l’incontro nonostante l’apertura dimostrata dal M5S” aveva scritto il comico genovese su suo blog. Il premier dedica alla polemica poche righe su Twitter : “Avete voi avete capito quali sono gli 8 punti su cui #M5S è pronto a votare con noi? #pochechiacchiere”. Pochi minuti e il premier cinguetta ancora. “Sono le regole. Chiediamo un documento scritto per sapere se nel #M5S prevale chi vuole costruire o solo chi urla”. Parole che giungono dopo che il vicepresidente della Camera dei Deputati Lugi Di Maio si era detto “esterrefatto” per un appuntamento annullato dal PD senza alcuna “correttezza istituzionale“. In giornata il Movimento aveva tenuto a sottolineare la volontà di mantenere aperto il tavolo del confronto con Renzi. Nella conferenza stampa con cui il Movimento 5 Stelle ha commentato l’annullamento dell’incontro odierno Di Maio ha lamentato i modi con cui Lorenzo Guerini, vicesegretario PD aveva gestito il rapporto con i 5 Stelle: “Ho parlato con Guerini giovedì scorso e abbiamo fissato l’appuntamento per oggi alle 15. Guerini non ci ha fatto sapere null’altro. D’ora in poi noi parliamo solo con Renzi. Gli interlocutori che si sono interposti non sono affidabili. Anche perché si smentiscono l’un l’altro. Mentre Guerini diceva una cosa, la Serracchiani diceva il contrario“. Danilo Toninelli, estensore della proposta di legge del Movimento con i capigruppo di Camera e Senato, Paola Carinelli e Vito Petrocelli aveva fatto il punto sul dialogo con i Democratici: “Vogliamo sapere cosa pensa il PD delle preferenze. Ci aspettiamo una decisione chiara, non sotterfugi come quello di disdire l’incontro”. Toninelli prima del burrascoso epilogo della giornata odierna, sottolineava la possibilità di un’intesa: “ Il Movimento 5 Stelle è disposto ad accettare un doppio turno di lista e non di coalizione, in modo che ci sia un vincitore”. Accettare il doppio turno era di fatto la concessione “strategica”dei 5Stelle: “Sappiamo di essere minoranza. Siamo consapevoli che questo porta un deficit di rappresentatività”; tuttavia secondo il Movimento questo poteva essere compensato da “un primo turno senza sbarramento, che consenta ai partiti anche piccoli di entrare in Parlamento”. La concessione, secondo i 5 Stelle, doveva essere controbilanciata su altri fronti. “Abbiamo deciso di rinunciare alla preferenza negativa – la possibilità per gli elettori di indicare i candidati sgraditi Ndr – chiedendo tuttavia che siano esclusi i condannati, come dalla nostra legge parlamento pulito, ribadendo il no alle scandalose candidature plurime“. Le concessioni dei grillini verso 8 delle 10 proposte del PD non hanno tuttavia evitato l’impasse odierna. Per il Democratici le risposte dei 5 Stelle dovevano essere messe nero su bianco in un documento, le dichiarazioni alla stampa non bastavano, pena la cancellazione della riunione. E tuttavia, almeno ufficialmente, nessuno voleva fare saltare il tavolo. Di Maoi ha commentato: “Io credevo che l’obiettivo fosse fare una legge elettorale in 100 giorni e non scriversi in carta bollata per 15 giorni”. “Neanche Il PD intende far saltare il tavolo» si affettava a precisare PD tramite il vicesegretario Lorenzo Guerini. La partita sembrava aperta, dunque. Poche ore ed è arrivato il commento sferzante di Grillo dal blog ed il sarcastico cinguettio di Renzi. Ma, al netto delle delle opposte dichiarazioni sembra che il divario tra il Movimento ed il PD possa riassumersi non su due punti di differenza che intercorrono tra le 10 proposte dei Democratici e le 8 risposte positive dei grillini ma su una questione soltanto, quella delle preferenze su cui Forza Italia non vuole sentire ragioni. E’ evidente che la scelta rappresenta una scelta di campo a cui è chiamato il PD – e il premier in particolare. L’incontro di oggi – saltato prima ancora che saltasse il tavolo – si legge e si comprende non attraverso la semplice relazione bilaterale PD – 5Stelle ma nel rapporto a tre con il convitato di pietra: FI. Un interlocutore troppo importante per il PD in questo momento giacché nei rapporti con il partito di Silvio Berlusconi si gioca anche buona parte delle partita sulla riforma del Senato. A tirare le file di tutto è ancora una volta la Ue che chiede riforme come contropartita per la tanto invocata flessibilità. Il tempo è finito da tempo, così sembra, ed i nodi arrivano al pettine. Toccherà al premier scioglierli, prima che l’hashtag #pochechiacchiere non sia battuto da Bruxelles.
Redazione