
Dopo le riposte agli attacchi di Renzi e Cameron, il neo-presidente della Commissione europea Jean Claude-Juncker torna sulla scena, questa volta nei panni di premier del Lussemburgo, carica da lui ricoperta per ben 18 anni e dalla quale ha rassegnato le dimissioni nel luglio del 2013, in seguito ad uno scandalo su intercettazioni illegali che travolse il Paese. Questa volta non di intercettazioni si tratta, bensì dei presunti favori fiscali illeciti che il Granducato avrebbe concesso alle multinazionali, tra cui, per citare le più importanti, Apple, Amazon e Ikea.
Secondo un’inchiesta seguita da ben 40 media internazionali, il Lussemburgo avrebbe stretto accordi fiscali segreti con 340 società allo scopo di consetnire una riduzione dei prelievi di imposte a loro carico. Grazie a questi accordi, conclusi tra il 2002 e il 2010, le multinazionali avrebbero risparmiato miliardi di euro di tasse che altrimenti avrebbero dovuto pagare negli Stati in cui realizzano i loro utili. Gli accordi fiscali risulterebbero da alcuni documenti segreti di cui è giunto in possesso il Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi, Icij (International Consortium of Investigative Journalism).
L’inchiesta, condotta dal Consorzio e denominata “Luxembourg Leaks” o “LuxLeaks”, è durata sei mesi e ha portato all’acceso di ben 28.000 pagine di documenti di “tax ruling” dai quali sarebbe emerso che le multinazionali “si appoggiano sul Lussemburgo e le sue norme fiscali morbide, ma anche sulle deficienze delle norme internazionali, per trasferirvi utili al fine di non vederli tassati, o tassati in misura molto esigua” nel Paese dove sono stati realizzati, scrive il quotidiano francese Le Monde. Il Consorzio Icij ha come partner i media internazionali più importanti: Le Monde in Francia, L’Espresso in Italia, il Guardian nel Regno Unito, la Sueddeutsche Zeitung in Germania.
La vicenda è stata subito minimizzata dall’attuale premier del Lussemburgo, Xavier Bettel, il quale ha sottolineato che gli accordi fiscali riservati di “tax ruling” con le grandi multinazionali sono legali, “si conformano alle norme internazionali” e sono applicati anche da altri Paesi europei. Dal canto suo, il ministro delle finanze lusssemburghese Pierre Gramegna ha detto che questo tipo di accordi “danno una certezza alle imprese su come saranno trattate fiscalmente” e questa finalità è “compatibile” con gli standard Ue e Ocse. Certo è che queste rivelazioni creano non poco imbarazzo all’ex premier lussemburghese e attuale presidente della Commissione europea Juncker, proprio quando la Ue si appresta a mettere in atto una stretta ai paradisi fiscali europei, quale appunto è il Lussemburgo, che da tempo prevede un regime fiscale di favore per le multinazionali, le quali per questo motivo hanno deciso di stabilire sul suo territorio le proprie sedi europee.
L’accordo di “tax ruling”, nella sua applicazione legale, prevede che un’azienda possa chiedere in anticipo alle autorità di un Paese quale sarà il trattamento fiscale che riceverà, qualora dovesse decidere di stabilirsi e operare in quel dato Paese, e al contempo ottenere precise garanzie giuridiche.
Intanto, l’Unione europea ha fatto sapere che sta indagando sulla vicenda e prenderà i provvedimenti del caso. “Se la decisione è negativa, il Lussemburgo dovrà prendere iniziative di correzione”, ha spiegato all’Afp Margaritis Schinas, portavoce di Juncker; come riporta il sito web Askanews. Dallo scorso giugno, la Commissione europea ha aperto quattro indagini sul “tax ruling” negli Stati membri. Una di queste riguarda proprio il Lussemburgo e gli accordi stretti con Fiat Finance and Trade, una società di servizi di tesoreria per il gruppo Fiat.
Lo scorso gennaio, il Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi aveva rivelato anche gli interessi di alcuni alti dirigenti cinesi in Lussembrugo.
V.B.