
Appena una settimana fa, il clamoroso sondaggio secondo il quale nella diatriba sul lavoro, gli italiani danno nettamente ragione a Maurizio Landini, leader della Fiom. Tre giorni dopo, il segretario del sindacato dei metalmeccanici, intervistato da Lucia Annunziata, chiariva per l’ennesima volta: “A noi non ci interessa fare l’opposizione. Abbiamo fatto delle proposte su tutti i temi perché bisogna fare politiche economiche e sociali diverse e aprire un confronto e un conflitto con l’Ue, far ripartire gli investimenti, combattere la precarietà. Chi è d’accordo con queste posizioni le sostenga: noi ci vogliamo battere e non vogliamo qualcuno che ci rappresenta”. Che detto in parole povere significa “Portiamo avanti una vertenza per il mondo del lavoro, non facciamo politica nei palazzi”.
Discorso chiaro, è evidente: peccato che a sinistra del Partito democratico sempre di più siano quelli che hanno già battezzato Landini come loro nuovo leader, come testimonia un sondaggio di Ixé per la trasmissione Agorà, il quale dà al leader Fiom un 22% di fiducia degli italiani qualora domani dovesse scegliere di fare politica: sei punti percentuali del segretario di Sel, Nichi Vendola, fermo al 16%, ma soprattutto uno e due punti percentuali in più rispetto a chi – dentro l’opposizione al governo Renzi – il consenso se l’è costruito nel corso di molti mesi, vale a dire Matteo Salvini e Beppe Grillo, che hanno rispettivamente un gradimento del 21% e del 20%.
Si tratta di sondaggi, naturalmente, che si limitano a tastare il polso della situazione del Paese, più virtuale che reale, ma soprattutto nel Movimento 5 Stelle lo spauracchio Landini è reale, come evidenzia anche la campagna condotta dal blog di Grillo, che pubblica un video di un incontro tra il leader sindacale e Matteo Renzi, montando la polemica, con illazioni del tipo: “Appena le telecamere si spengono, ti rifugi fra le braccia accoglienti del Primo Ministro Matteo Renzi. Ma dove è finita la rabbia, la rivoluzione? Solo sorrisi, smorfie e fusa come un gattino! Ma come? Dove è finita la rabbia di Landini?”.
Nel frattempo, nei sondaggi, che vedono una continua erosione di voti da parte di Pd e Movimento 5 Stelle, mentre non si ferma l’ascesa di Lega Nord e Fratelli d’Italia, sempre più in pressing su Silvio Berlusconi, la somma dei voti di Sel e Rifondazione Comunista balza in una settimana oltre il 5%, arrivando al 5,2%. Oltre a questi voti, sembra sempre più evidente, Landini potrebbe contare nel malcontento interno al Partito democratico, soprattutto rispetto agli annunci di Renzi di voler trasformare il Pd in un Partito della Nazione.
Partito della nazione
Ma quanto varrebbe il Partito della Nazione nei piani di Matteo Renzi? Oltre 5 punti in più rispetto ai voti attuali accreditati nei sondaggi al Pd, vale a dire il 44%. I flussi elettorali sono delineati dal presidente Ixè, Roberto Weber, ad ‘Agorà’: “Oltre 6 elettori del Pd su 10 darebbero fiducia al progetto del premier. A questi si aggiunge una capacità di attrazione da altri partiti di centro e centrodestra intorno all’8 per cento”. Il grafico chiarisce ancor meglio quale sia il potenziale di questo partito: oltre la metà dei voti ovvero il 26% sul 44% totale arriverebbe dal Partito democratico, il 10% sarebbe frutto del ritorno alle urne di indecisi e astenuti e un ulteriore 8% sarebbe appunto raccolto da altri partiti. Se la matematica non è un opinione, un 13% degli elettori italiani resterebbe orfano del Pd: sarebbe una bella dote da mettere sul piatto per convincere Landini a scendere in campo.
Giuseppe Gabriele Mastroleo