
Al di là delle polemiche scaturite sull’impiego degli animali sfruttati nei circhi, l’intrattenimento circense è una delle più antiche arti popolari e tradizionali che in Italia coinvolge almeno diecimila addetti.
Tuttavia, anche la crisi ha colpito il settore e i dipendenti dei quasi 200 circhi italiani hanno chiesto di poter adeguare le norme e di poter tenere le rappresentazioni in tutto il territorio nazionale senza dover subire le discriminazioni dei Comuni, che spesso negano le autorizzazioni per gli spettacoli.
Il titolare del circo Grioni, Marco di 33 anni, ha raccontato la sua esperienza, spiegando che aver 12 persone che collaborano agli spettacoli e denunciando gli episodi di discriminazione soprattutto in Lombardia, dove opera maggiormente.
“La maggior parte dei Comuni ci negano il permesso, che normalmente concedono alle giostre, perché abbiamo gli animali”, contesta il Grioni, sottolineando che “ci dicono di no, ma poi ospitano mostre o rassegne di animali”.
Il titolare del circo denuncia che “i Comuni vanno contro la legge, perché con la Legge 337 del 1968 lo Stato riconosce la funzione sociale dei circhi equestri e incoraggia il consolidamento e lo sviluppo del settore”.
“Molte volte facciamo ricorso e lo vinciamo, ma i tempi sono lunghi e il nostro lavoro rischia di essere inutile. Oggi solo 2 Comuni su 10 ci concedono di lavorare nel loro territorio e pensare che siamo una categoria di almeno 10.000 persone in tutta Italia, che paga tasse e contributi”, ha poi aggiunto Grioni che ricorda infine come “in tempi di crisi noi offriamo tutto l’anno spettacoli a prezzo contenuto per tutta la famiglia, siamo la vera alternativa ai centri commerciali, alle sale giochi, ai cinema e ai concerti, costiamo poco e offriamo qualità”.
Infatti, si ricorda che l’attività riguarda non solo il tema tanto discusso dell’impiego degli animali ma categorie intere di professionisti del settore quali acrobati, atleti, clown e prestigiatori direttamente colpiti da questo fenomeno.
C.D.