
In un ipotetico futuro, una piaga planetaria sta distruggendo i raccolti della Terra a causa di gravi sconvolgimenti climatici. Una misteriosa nube di polvere, che si nutre di azoto, sta decimando la maggior parte dei raccolti del pianeta. L’unico prodotto agricolo scampato al disastro è il granoturco, ma anche quello sta finendo. La mancanza di cibo condurrà l’umanità ad una sicura estinzione. L’ex astronauta e ingegnere Cooper (Matthew McConaughey), costretto a diventare agricoltore, scopre che la NASA è segretamente attiva grazie al geniale intuito della figlia Murph (Mackenzie Foy:) e che il pianeta Terra, quasi sicuramente, non si salverà. Cooper viene informato che nei pressi di Saturno è comparso un “Warmhole” da diversi anni. A quanto pare, l’anomalia sarebbe stata collocata lì intenzionalmente da “qualcuno” (esseri superiori di un’altra dimensione) per permettere alla razza umana di salvarsi ed progredire raggiungendo sistemi abitabili. La Nasa incarica Cooper e il suo equipaggio di rintracciare altri tre astronauti, partiti anni prima alla ricerca di vita su tre diversi pianeti, per verificare l’esito della missione. Per dare un futuro ai propri figli e all’umanità intera, Cooper sarà costretto ad effettuare un viaggio di andata e ritorno dal Buco Nero.
L’ultimo capolavoro cinematografico di Christopher Nolan va visto come un’opera che utilizza il tema del viaggio interstellare come pretesto per parlare di sentimenti, una sorta di “space-opera” cosmica sull’amore e i sensi di colpa di un padre per la propria figlia. Un amore che interseca e trascende le dimensioni dell’universo, a metà strada tra melò e fantascienza. Al suo interno possiamo individuare diversi punti di contatto e citazioni di film con cui, inevitabilmente Interstellar doveva fare i conti, a partire dall’inarrivabile 2001 O.S. di Kubrick, passando per il Gravity di Cuaròn fino ad arrivare a Uomini Veri di Kaufman specie per quanto riguarda la caratterizzazione del personaggio dell’astronauta Cooper (Matthew McConaughey). I punti di forza di Interstellar sono proprio quelli scaturiti dalle complesse formule matematiche del fisico americano Kip Thorne, famoso per i suoi studi sui viaggi temporali e le sue teorie sui buchi neri e i campi gravitazionali. Tuttavia, gli aspetti fantascientifici di Interstellar cedono presto il passo alla storia vera e propria del film. L’ex-pilota della Nasa ed ingegnere Cooper (Matthew McConaughey,) vive in una fattoria in compagnia dei figli e del padre, facendo l’agricoltore. Cooper e Murphy, oltre a condividere una profonda passione per l’astronomia, hanno un profondo ed conflittuale legame tra loro, fortemente influenzato dalla perdita della moglie di Lui, morta a causa di una lunga malattia non diagnosticata in tempo. Il personaggio di Cooper, in un certo senso simile allo stesso Nolan, per il suo coraggio, la sua ambizione e la capacità di osare superando qualsiasi ostacolo, è una figura dai connotati archetipici che incarna con compiutezza l’eroe epico del cinema western americano ed il mito della frontiera.
Un ruolo fondamentale, che ha contribuito non poco al successo del film, è svolto dalle splendide musiche di Hans Zimmer, alla sua quinta collaborazione con Nolan dopo la trilogia cinematografica “The Dark Knight” e il thriller fantascientifico “Inception”. L’approccio musicale di Zimmer, che spazia da brani di natura intimistica ed evocativa, ad altri con caratteristiche sonore sfarzose, altisonanti e sperimentali, riesce quasi alla perfezione a tradurre il contrasto tra la dimensione umana e quella interstellare, tra i sentimenti di amore e di solitudine, unitamente alla sapiente gestione del gelido silenzio dello spazio, un silenzio cosmico che “consiste”. Le robuste ed esaltanti note “analogiche” dell’organo di “Day One” riescono, ad esempio, a dare un tono angoscioso e primordiale al film che coglie in pieno lo spirito di mistero, avventura e angoscia del film. A volte si ha come la sensazione di poter percepire il soffio, il respiro umano che si nasconde dietro ogni singola nota proveniente dagli strumenti musicali dell’orchestra. Le vibrazioni sonore dell’organo di “Day One”, arricchite da strumenti a fiato, archi, pianoforte ed ottoni, al loro culmine, scuotono l’ambiente circostante con un freddo e arcaico impeto ancestrale che accompagna, con gusto e raffinatezza, il passaggio dell’uomo dal terreno al celestiale, dal profano allo spirituale. La musica di Interstellar compie lo stesso viaggio del personaggio protagonista, dando la sensazione di andare ben oltre “l’Orizzonte degli Eventi” e la situazioni vissute dai personaggi, per ritornare continuamente sul concetto di amore e legame spirituale.
Ma forse, più di tutto, ciò che spiazza dell’ Interstellar di Nolan è quell’incredibile senso di glaciale solitudine e angoscia di cui è imperniata tutta l’opera. Una solitudine profonda, metafisica, praticamente inedita nel cinema, che mette lo spettatore di fronte alla consapevolezza che i personaggi protagonisti agiscono letteralmente senza il più grande punto di riferimento esistenziale: la Terra, che ormai non esiste e che non esisterà “mai più..”. Questo importante elemento, che fa parte di una vera e propria strategia narrativa di addizione e sottrazione da parte dei fratelli Nolan, proietta lo spettatore verso una nuova ed angosciosa visione dei misteri dell’esistenza, all’interno di un opera che mette all’angolo anche cinefilo più accanito e pignolo, forse troppo innamorato della propria idea di cinema, costringendolo solo a condividere le domande e lasciando a casa il suo “ego” e le sue patetiche certezze, dato che quasi tutte storie dei film di Nolan procedono seguendo una narrazione temporale “non lineare”. Pertanto, è assolutamente sciocco e inutile criticare i supposti “buchi di sceneggiatura” o di “struttura” in un film dove lo stesso concetto di tempo, spazio e messinscena sono palesemente messi in discussione.
Il maggior pregio di Interstellar è quello di essere, forse, un “film formula” per eccellenza, un opera che esamina e discute le “possibilità reali” e guarda alla vera scienza leggendo dentro il cuore della matematica e della fisica. I Wormhole non erano mai stati rappresentati in un film con una tale dovizia di particolari così “scientificamente attendibili”. E’ grazie, infatti, alle equazioni sulla geometria dell’universo di Thorne ed Einstein che gli esperti del reparto di computer grafica ed effetti speciali della Double Negative (Paul Franklin) hanno potuto realizzare il “Wormhole” e le distorsioni spazio-temporali circostanti generate dal suo potentissimo campo gravitazionale. A differenza delle precedenti opere di Nolan, nonostante la sua impressionante complessità, Interstellar ha comunque il pregio di fornire delle risposte più o meno precise a dei quesiti di natura filosofica, metafisica ed esistenziale che altri film avrebbero probabilmente lasciato in sospeso. Tuttavia, anche se Interstellar, riparte da dove si era fermato Kubrick con 2001 O.S., spingendosi un “pò più in là”, le risposte che dà sono davvero per quei “pochi eletti” che possiedono un elevato grado di consapevolezza.. I misteri del film, gli avvenimenti che lo fanno muovere sono da ricercare nel comportamento dei personaggi principali, nella loro storia, negli errori che commettono e nelle verità e nelle menzogne che contraddistinguono la loro vita ed i loro rapporti con gli altri.
Maurizio Ragazzi