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Louis Bloom (Jake Gyllenhall) è un individuo sociopatico e disadattato che vive nei sobborghi di Los Angeles. Non riuscendo a trovare lavoro, per sbarcare il lunario, trafuga materiali edili di ogni sorta per poi rivenderli ad altri cantieri. Il suo obbiettivo è cercare un impiego serio in un periodo di grave crisi economica. Un giorno assiste casualmente a un incidente stradale e, dopo aver visto all’opera una troupe televisiva di “crawler notturni” accorsa per fare un servizio sull’incidente, ha una brillante idea: quella di procurarsi un’attrezzatura completa per effettuare delle riprese televisive (compresa una radio sintonizzata sui canali notturni della polizia di L.A. per intercettarne le emergenze), con i proventi della merce rubata. Louis è convinto di potere fare da sé con i suoi “metodi” poco ortodossi e dopo aver assunto un “assistente” si getta a capofitto nel sadico business dello scoop senza scrupoli, spostandosi come una iena notturna tra i sobborghi di una Los Angeles silenziosa, surreale e minacciosa, che l’ottima fotografia di Robert Elswit, fa sembrare come sospesa nel tempo, coadiuvata da una luce che, a tratti, rimanda ai thriller e alle pellicole horror degli anni ’80.
La spasmodica ricerca notturna di incidenti, furti, omicidi, rapine e ogni genere di materiale visivo contenente atti di crimine violento, diventa il pane quotidiano di Louis che, dopo aver osservato attentamente la concorrenza all’opera, inizia a rivendere i suoi servizi a network televisivi drogati di cronaca nera e “sensazionalismo”, disposti ad acquistare ogni genere di nefandezza visiva alla faccia di qualsiasi regola morale, legge sulla privacy o codice deontologico esistente, in un’infernale catena di montaggio mediatica basata sul vendere la morte (quasi) in diretta. Louis riesce a conoscere anche una dirigente di un’emittente locale, Nina Romina (Rene Russo), che come lui è senza scrupoli, e con la quale instaurerà un rapporto lavorativo di natura preferenziale, unitamente a un’ambigua e insana relazione basata sullo sfruttamento reciproco (la donna ha il doppio dell’età di Louis). Per mantenere il suo posto di dirigente del network, Nina necessita di scoop sempre più “forti” e audaci per mantenere più alto possibile l’audience del suo canale. Assetato di denaro e di successo (l’obiettivo di Louis è di gestire un’emittente tutta sua), Louis cade sempre più in basso, superando ogni limite consentito dell’etica professionale. Così approfitta della disgrazia del suo principale concorrente notturno, rimuove cadaveri dal luogo del crimine per migliorare l’inquadratura, utilizza illegalmente le frequenze della polizia di Los Angeles per giungere prima sui luoghi dei crimini, privilegiando sempre i propri interessi e omettendo spesso di soccorrere le persone ferite o morenti durante gli incidenti. In nome dello scoop e per battere la concorrenza degli altri “nightcrawlers”, Louis si renderà responsabile di uno dei più perfidi e spietati crimini che si siano mai visti sullo schermo, interferendo pesantemente con l’arresto di due pericolosissimi ed efferati assassini, provocando il ferimento di alcuni poliziotti e la morte del suo sprovveduto assistente personale.
Notevole la performance attoriale di Jake Gyllenhaal che riesce a dar vita a un antieroe variopinto e archetipico, apparentemente figlio dei tempi e della crisi, che sembra sia stato veramente partorito da uno sciacallo notturno. Louis ci viene presentato come un personaggio la cui malvagità e spregiudicatezza è data, fin da subito, allo stato “latente”. Sequenza dopo sequenza Gyllenhaal riesce a plasmare un personaggio spaventoso, vago e senz’anima, la cui solitudine cronica, insieme a una secolare emarginazione e a una vita costellata di esperienze professionali fallimentari, influenzeranno il suo “modo di vedere le cose”. Come afferma il suo assistente, “Louis ha un modo strano di guardare le cose”. Infatti, “non capisce le persone”, non solo perché gli individui in generale “non gli piacciono”, ma soprattutto perché li disprezza profondamente. Tuttavia, è rapido a capire le regole del sistema e a sfruttarle a suo vantaggio, com’è abile a sfruttare le debolezze “congenite” degli esseri umani (etica, valori e sentimenti) per manovrarli a proprio piacimento con dei discorsi (leggasi ricatti) assai convincenti che possiedono una logica tagliente, grottesca e disarmante. Il modo di guardare le cose e le persone di Louis è assai simile a quello di uno “sciacallo”. Louis non dorme mai e quando parla, raramente batte i suoi occhi perennemente spalancati. Questo sua capacità di fissare le persone, ipnotizzandole, senza mai battere ciglio è forse l’aspetto più inquietante del suo personaggio. I suoi occhi sembrano capaci di inghiottire il mondo intero. Già… perché The Nightcrawler di Dan Gilroy è, a suo modo, un film sullo “sguardo”, quindi sulla “visione” di un cinema che, nel suo costruire e de-costruire “punti di vista esistenziali”, racconta il rapporto deviato del trinomio “mente-occhio-dispositivo”, dove le capacità prestazionali della telecamera HD, in termini di dettaglio e definizione, sono inversamente proporzionali all’etica e ai valori di chi si trova dietro l’obbiettivo.
The Nightcrawler, costato 8 milioni di dollari, è l’opera di esordio come regista dello sceneggiatore Dan Gilroy, figlio del premio Pulitzer Frank D. Gilroy, e fratello di Tony Gilroy, regista di pellicole come Michael Clayton, Duplicity e The Bourne Legacy, qui produttore del film. Anche se siamo lontani dall’estro e dalla forza visiva di Brian De Palma o di Martin Scorsese, al di là delle solite critiche sul cinismo della tv, il Nightcrawler di Gilroy si fa comunque apprezzare per la suspense, il suo senso di ambiguità e astrazione che, unitamente al lavoro di caratterizzazione della psicologia dei personaggi, tengono lo spettatore incollato alla sedia. La parte centrale del film, un po’ soporifera, si concentra sul rapporto tra Louis e la producer del network televisivo, Nina (Rene Russo), per poi ripartire alla grande con scene d’azione e un finale dall’alto tasso emotivo che obbliga lo spettatore a una profonda riflessione.
Maurizio Ragazzi