
Resta alta la tensione con gli operai della Ast, che ieri si sono resi protagonisti di blocchi autostradali sulla A1, rimasta chiusa per quattro ore in alcuni tratti e riaperta solo nel tardo pomeriggio. Le proteste di ieri però hanno assunto un significato simbolico molto forte, poiché nella storia politico-sindacale italiana questo è sempre stato un segnale di esasperazione: basti pensare che gli operai sono al 22esimo giorno consecutivo di sciopero, comportando una mancata produzione delle acciaierie di circa 70 tonnellate. Electrolux, Indesit e Fiat non stanno ricevendo il metallo pattuito da più di tre settimane, perdita che all’azienda costa circa 100 mila euro al giorno solo di penale prevista dal contratto di fornitura. I sindacati hanno il sospetto che la proprietà stia adottando la tattica del muro contro muro per mostrare che l’impianto umbro non ha futuro, e che dunque perdere tre clienti importanti non sarebbe un problema.
Buona parte del mondo politico, specie da sinistra, si è schierato a fianco dei lavoratori. Secondo il senatore di Sel Peppe De Cristofaro “la drammatica situazione delle acciaierie Ast di Terni è anche il frutto delle scelte sbagliate fatte dal governo in questi mesi. Il polo siderurgico di Terni è di vitale importanza per tutto il Centro-Italia. Il governo, a parole, si rende conto dell’urgenza e della gravità della situazione per i lavoratori e per l’economia del Paese. Nei fatti, invece, si è puntualmente impegnato in tentativi di mediazione sbilanciati a favore del’azienda e non si è adoperato mai per cercare una soluzione reale e strutturale, che può essere solo l’impostazione di una politica industriale a sostegno della siderurgia, capace di coniugare le esigenze del lavoro e quelle dell’ambiente e tale da impedire lo smantellamento del polo siderurgico”. Come volevasi dimostrare, le parole di De Cristofaro sono state quasi profetiche, visto che, pur di scongiurare altri blocchi autostradali, il ministro per lo Sviluppo Economico Federica Guidi ha deciso di anticipare a oggi, da martedì prossimo, il secondo incontro al Mise tra le parti coinvolte nella vertenza.
Il segretario generale della Ugl Metalmeccanici, Maria Antonietta Vicaro, ha spiegato: “I lavoratori Ast sono esasperati dall’assenza di certezze, e ora più che mai è necessario un atteggiamento responsabile delle parti per trovare una soluzione rapida, condivisa e definitiva che guardi al futuro”. Eppure, il sospetto è che l’incontro di oggi pomeriggio alle 16 sarà soltanto interlocutorio e probabilmente non vi prenderà parte l’azienda, rappresentata dalla ad Lucia Morselli, per la quale potrebbe tenersi un colloquio in separata sede.
Le parti si riaggiorneranno nell’incontro di martedì, a proposito del quale Antonio Gozzi, segretario di Federacciai, ha provato ad aprire uno spiraglio: “La scelta dei tedeschi di abbandonare il settore dell’acciaio è in corso di revisione”. La partita europea “sull’acciaio inossidabile infatti tende a riaprirsi”, anche se allo stato delle cose la situazione è ancora invariata: nell’ambito del tavolo di lunedì scorso, il governo ha chiesto all’azienda di partecipare al progetto Interconnector con un investimento da 300 milioni di euro, utile per acquistare energia elettrica dall’estero a prezzi vantaggiosi. Dall’altra parte, Ast ha proposto 140 milioni di investimenti, compreso il trasferimento della linea produttiva 5 da Torino e incentivi alla mobilità per 80 e 50 mila euro.
I lavoratori da sacrificare rimangono, nei piani dell’azienda, 290, anche se 140 hanno deciso di lasciare con una buonuscita. Dal punto di vista produttivo, Ast ha garantito un milione di tonnellate di acciaio fuso all’anno, quantità rivedibile entro il 2016 a seconda della sostenibilità finanziaria del mantenere entrambi i forni aperti. I risparmi che la società vuole ottenere sul costo del lavoro passano dai 12 ai 14 milioni, ma la posizione di Ast sui contratti integrativi è quella di abolirli del tutto.
Ap