
Mediazione nel Partito democratico sul testo della delega sul lavoro in discussione in commissione a Montecitorio; ad annunciarla il vicesegretario del partito, Lorenzo Guerini, che ha spiegato: “Chi voleva aprire fronti nel Pd ha avuto una buona risposta. Il partito dentro la sua espressione nella commissione Lavoro ha saputo svolgere un lavoro serio, un confronto di merito, e trovando un punto condiviso che responsabilmente impegna tutti”.
Ha aggiunto Guerini: “Abbiamo definito un punto di incontro sul reintegro per i licenziamenti discriminatori e per i licenziamenti disciplinari ingiusti, una specifica sul controllo a distanza che significa che non puoi mettere una telecamera sulla testa del lavoratore e abbiamo preso l’impegno a reperire ulteriori risorse per gli ammortizzatori sociali e ad un coinvolgimento forte delle Commissioni parlamentari nella stesura dei decreti attuativi”.
Conclude il vicesegretario Pd: “Noi proponiamo un percorso in commissione che prevede alcune modifiche rispetto al testo del Senato, che assumono anche parte del dibattito che ha accompagnato il confronto in Senato e momento successivi. Dopo di che la gestione della delega tra commissione e aula la vedremo nei prossimi giorni”.
Nella minoranza Pd, resta qualche ritrosia, come spiega Gianni Cuperlo: “Occorre vedere il testo, perché entrsre nelle questioni del lavoro è come entrare in una cristalleria. Si tratta di cose delicate, che incidono sulla vita di milioni di persone. A me interessano i fatti, e non gli equilibri interni al Pd. Esiste un articolo della Costituzione che disciplina i confini di una delega, e noi vogliamo che sia rispettato”.
Minacce di non votarlo
Minacce di non votare il Jobs Act erano arrivate in mattinata dall’ex viceministro Stefano Fassina, intervistato da ‘Agorà’: “on voterò la fiducia su una delega in bianco. Noi non vogliamo rallentare le riforme, però vogliamo migliorarle”. “Siamo andati in direzione, qualcuno ha parlato, anche se ha avuto poco senso, ma abbiamo voluto dare ancora una volta il nostro contributo per cercare di fare le riforme, ma di farle bene. Mettere una fiducia in bianco su una delega che riguarda i diritti fondamentali dei lavoratori diventa, a mio parere, un problema di rilievo costituzionale. In un clima così complicato come quello che stiamo vivendo sarebbe una forzatura, negare la possibilità di discutere allontana ancora di più dalle istituzioni i cittadini”.
Stessa posizione più o meno espressa dal lettiano Francesco Boccia: “Se Renzi mette la fiducia sullo stesso testo uscito dal Senato, cioè il testo Sacconi e non lo modifica con la norma approvata nella direzione Pd sui licenziamenti disciplinari, io non posso votarla, sarebbe un errore. Il mondo andrà avanti ma nella vita bisogna assumersi responsabilità. Renzi ha il timone e dà le indicazioni e alla fine il Parlamento le seguirà ma credo che sarebbe opportuno prima stanziare un po’ di soldi con la legge di stabilità, approvarla alla Camera alla fine di novembre, e poi passare al Jobs act approvandolo a dicembre”.
A rischio sostegno Ncd
Le modifiche al testo potrebbero però comportare una crisi nei rapporti con il Nuovo Centrodestra, che appoggia il governo Renzi; subito dopo il comunicato di Guerini, infatti, il capogruppo al Senato del Nuovo Centrodestra, Maurizio Sacconi, ha sostenuto in una nota: “Nel Partito democratico coabitano oggi le tesi più conservatrici con quelle più innovative e la qualità dell’equilibrio che si produce al suo interno non è per nulla scontata. Il Pd non ha ancora la maggioranza assoluta nelle due Camere, nelle quali peraltro non è ancora stato superato il sistema paritario. Anche se sarà dirimente il decreto delegato dedicato alla regolazione del nuovo contratto a tempo indeterminato, il Nuovo Centrodestra vuole discutere ora in una riunione di maggioranza le eventuali modifiche alla delega”.
Ha insistito Sacconi: “Vogliamo che diventi possibile licenziare un assenteista o un ladro, in modo che l’imprenditore abbia finalmente il pieno governo dell’efficienza dell’impresa. Vogliamo che la disciplina sia semplice e certa in modo da non dare spazio alla giustizia creativa e ideologizzata. Allo stesso modo vogliamo la flessibilità delle mansioni per consentire l’adeguamento dei modelli organizzativi e il libero uso delle tecnologie di controllo a distanza per aprire spazi al telelavoro”.
“Ricordo al Presidente del Consiglio che egli stesso, quando nei giorni scorsi mi sono dimesso per un incidente nella Commissione giustizia del Senato, ha condiviso non debbano essere consentite maggioranze spurie”, ha concluso Sacconi, facendo riferimento alle polemiche di sabato scorso dopo il voto in Commissione giustizia sulla responsabilità civile dei magistrati. All’ex ministro del lavoro, però, risponde il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, che chiude all’ipotesi di riunioni di maggioranza: “Stiamo discutendo con tutti i partner della maggioranza. Non sono necessari vertici, è sufficiente il lavoro parlamentare”.
GM