
Mentre il premier Matteo Renzi è in Australia per il G20 in Italia, esplode la rabbia contro le riforme e ieri in tutto il paese si sono registrati tafferugli e scontri tra manifestanti e forze dell’ordine.
Mentre nei cortei sfilavano i leader sindacali come Susanna Camusso, segretario della Cgil e il leader della Fiom Maurizio Landini che hanno ribadito che la “protesta non si ferma”, sul fronte della maggioranza la polemica sulla riforma del lavoro sembra essersi smorzata.
Ncd e Jobs Act
Dopo l’annuncio di un accordo interno con la minoranza del Pd su alcuni punti riguardanti l’articolo 18, fatto da Lorenzo Guerini, vicesegretario Pd, in cambio di far passare la riforma del lavoro prima della legge di Stabilità, il Nuovo Centro Desta era stato molto critico.
Poco dopo, il capogruppo Ncd al Senato, Maurizio Sacconi, ha invece commentato che “stiamo lavorando sull’accordo”, sottolineando che “non è ancora fatto, ma mi pare che ci siano tutte le condizioni per raggiungerlo”.
“Non ci saranno modifiche rispetto al testo del senato sui punti chiave dei voucher e del demansionamento, il governo mi ha dato rassicurazioni che non vuole attenuare la portata innovativa della riforma”, ha poi aggiunto Sacconi, precisando che sull’articolo 18 arriveranno emendamenti del governo “su limitatissime fattispecie di reintegro per i licenziamenti disciplinari, ci sarà un riferimento già nella legge delega ma saranno specificate nei decreti delegati”.
La conferma è giunta poi anche da parte del ministro dell’Interno Angelino Alfano nonché leader di Ncd: “L’intesa è vicina”.
Sull’argomento, lo stesso Guerini ha poi spiegato che “il confronto è giusto. Quanto ai licenziamenti nella delega noi introduciamo un titolo, un principio, che è la modifica dell’articolo 18 per estendere i diritti anziché ridurli, poi ci saranno i decreti attuativi”.
Ancora tensioni su jobs act
Eppure c’è chi ancora non è d’accordo: il capogruppo di Forza Italia al senato, Paolo Romani, ha commentato che “il governo ha ceduto ancora una volta alla minoranza del Pd annullando completamente la tanto annunciata rivoluzione sul lavoro”.
Anche la senatrice Anna Maria Bernini, vice presidente vicario di Forza Italia al Senato ha scritto su Facebook: “Sul lavoro prima annunci, poi retromarce, infine le solite capriole. Risultato: dopo mesi di sceneggiata, il #jobsact è il vuoto (con la Cgil intorno)”.
Tuttavia i sindacati non demordano e la Camusso ieri a Piazza Duomo di Milano ha ricordato che la partita non è chiusa, non è un voto di fiducia che cambierà il nostro orientamento, la nostra iniziativa. Non ci pare che quella mediazione sia una risposta per mantenere la difesa dei diritti che noi facciamo. Siamo in tantissimi e questa è la conferma di quello che diciamo da sempre: c’è bisogno di un grande investimento pubblico che crei lavoro e rimetta in sicurezza il Paese. Il governo Renzi dovrebbe decidere di investire per creare lavoro, invece che continuare in una ricetta di riduzione dei diritti”.
Ma sul fronte interno del Pd c’è ancora scetticismo e anche da parte di Sinistra Ecologia e Libertà e Movimento Cinque Stelle. Il nuovo testo dovrebbe approdare in aula entro il 21 novembre e per il 26 novembre è stata fissata la conferenza dei capigruppo per il voto. Successivamente il parlamento dovrà occuparsi della Legge di Stabilità.
Si apprende che il presidente della commissione lavoro Damiano ha cominciato a smistare gli emendamenti delle minoranza tra i quali settantotto sono stati dichiarati inammissibili.
Per cui senatore di Sel, Giorgio Airaudo ha denunciato che alcuni riguardano proprio quelli “contro la condotta sindacale dei datori di lavoro, per una normativa organica in materia di rappresentanza sindacale e per un piano straordinario di creazione di nuovo lavoro”.
Convegno riformista Pd
A Milano intanto si è tenuto un convegno dell’ala riformista del Pd al quale ha preso parte l’ex segretario Pd, Pier Luigi Bersani il quale ha parlato anche del Jobs act ha ammesso che “purtroppo rimettere il dentifricio nel tubetto è difficile”, spiegando che però non era il caso di rimettere in discussione ora l’articolo 18, ma che era più importante “rilanciare la produttività come in Germania”.
“Adesso si sta cercando di mettere delle pezze, ma tant’è. Una sinistra di governo deve essere anche liberale”, ha poi aggiunto Bersani che ha poi puntato il dito contro il governo Renzi “che si sta un po’ appannando”.
Non a caso ha ricordato l’ex segretario, Renzi “non riceve i sindacati, ma gli imprenditori e i vertici degli ordini. In questo Paese per lavorare non bisogna essere per forza iscritti ad un sindacato, ma a un ordine… Mi piacerebbe che la sinistra di governo non dimenticasse la capacità di indignarsi”.
Dal canto suo, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, a margine di un convegno dell’Assocalzaturifici a Firenze, ha parlato di alcuni progressi nel decreto tra i quali “il contratto a tutele crescenti è il primo obiettivo che vogliamo portare in porto per fine 2014, per fare in modo che a gennaio le imprese e i lavoratori possano utilizzare le scelte che abbiamo fatto nella legge di Stabilità di riduzione del costo di modo che la percentuale di contratti a tempo indeterminato cresca in maniera important”.
“Oggi sui nuovi avviamenti valgono il 15% ed è un numero troppo basso, noi vogliamo che i contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti aumentino percentualmente e quindi lo faremo sicuramente per l’inizio d’anno”, ha poi spiegato il ministro che conclude: “Noi confermiamo la nostra convinzione: noi siamo convinti che le cose che stanno dentro la legge delega e la legge di Stabilità sono scelte che tendono a rendere più stabile il lavoro, meno precario, meno costoso e aiutano le imprese ad avere più certezze che è la condizione perché facciano investimenti e promuovano lo sviluppo. Da questo punto di vista siamo convinti di aver scelto la strada giusta e pensiamo di portarla a compimento”.
C.D.