Sgomberi a Milano, se anche Pisapia diventa sceriffo

Giuliano Pisapia (Getty Images)
Giuliano Pisapia (Getty Images)

Giuliano Pisapia, legale da sempre in prima linea per i diritti civili e sociali, tanto da aver sostenuto la parte civile per conto della famiglia di Carlo Giuliani nei processi per il G8 di Genova, un passato in Democrazia Proletaria, poi in Parlamento con Rifondazione Comunista prima e con Sel poi, infine – nel 2011 – l’elezione a sindaco di Milano, contro Letizia Moratti, dopo aver vinto a sorpresa le primarie di coalizione. Un pedigree di tutto rispetto per un politico progressista di razza, che però in questi giorni ha una gran bella gatta da pelare.

Sono in molti ad accusarlo di avallare il piano di sgomberi di alloggi Aler predisposto dal prefetto di Milano, Francesco Paolo Tronca, con una lista di un paio di centinaia di appartamenti passata direttamente dal direttore dell’istituto, Gian Valerio Lombardi. Quando Tronca e Pisapia si erano incontrati, una decina di giorni fa, il primo aveva detto: “Abbiamo sviscerato tutte le tematiche connesse alla casa, dall’intervento in caso di occupazione in flagranza alla liberazione delle case occupate, fino all’assegnazione a chi è individuato all’Aler”. Il primo cittadino della metropoli meneghina gli aveva fatto eco: “È ora di porre fine alle polemiche e alle strumentalizzazioni su questo tema”.

Plausi al sindaco da parte del Partito Democratico, che nel giro di qualche giorno vedeva una delle sue sedi prese d’assalto da un blitz a colpi di vernice, per il quale sono ora indagate due giovani donne, di area anarchica, di 24 e 28 anni; al contrario, il partito che più di tutti aveva voluto Pisapia a Palazzo Marino, Sinistra Ecologia e Libertà, attraverso Mirko Mazzali, aveva criticato aspramente le scelte della Prefettura: “Siamo all’ennesimo annuncio di un piano straordinario senza che nessuna parola venga spesa sulla vergogna degli stabili lasciati sfitti e sulla mancata manutenzione ordinaria e straordinaria di interi caseggiati”.

Il no di Libera

Il piano sgomberi non piace nemmeno a Libera, l’associazione antimafia guidata a livello nazionale da Don Luigi Ciotti: “E’ una materia delicata che va affrontata caso per caso, distinguendo gli abusi dalla morosità incolpevole, dall’occupazione per necessità, le vittime di lungaggini burocratiche, le vittime del racket, e non certo con provvedimenti muscolari che colpiscono indiscriminatamente, espongono le famiglie a gravi rischi e non colpiscono gli autori del racket”.

La proposta è di “avviare un tavolo di lavoro e di confronto per individuare strategie d’intervento pubblico che non siano ingiustamente repressive, che perseguano il racket e mettano il patrimonio pubblico di case al servizio di quei ceti meno abbienti che ne hanno pieno diritto”.

Sgomberi al via

Intanto, il piano di sgombero delle occupazioni abusive è cominciato ieri dal Giambellino e già si vedono i primi risultati, come denunciato dai comitati di lotta per la casa; una foto simbolo, pubblicata su Twitter dai militanti del Cs Cantiere, corredata dalla didascalia “Cariche e lacrimogeni altezza uomo in Giambellino per sgomberare una famiglia”, sta facendo il giro dei social network, rischiando di mettere in imbarazzo un sindaco che per molti anni è stato dall’altra parte della barricata.

Due le persone arrestate negli sgomberi di ieri, sei gli agenti feriti secondo i dati forniti dalle stesse forze dell’ordine, mentre i Comitati denunciano: “Una delle persone accusate e processate stamattina per ‘violenza’ nello sgombero di ieri in Corvetto non ha le corde vocali ed è in stampelle“. Stamattina poi si è replicato, ma oggetto dello sgombero sono stati due spazi occupati, il ‘Corvaccio squat’ e il ‘Rosa nera’, entrambi in zona Corvetto, periferia sud della città; gli antagonisti hanno alzato le barricate, incendiando cassonetti e svegliando dal torpore Milano, che improvvisamente si è ritrovata davanti scenari di guerriglia.

La denuncia degli antagonisti

Ieri, il sito di area antagonista ‘InfoAut’, in un breve editoriale, sottolineava: “A forza di dare spazio ai Salvini e ai legalitari di ogni risma, le questure italiane si sentono legittimate ad usare la forza e scendere in campo in assetto da guerra, solo per portare a termine uno sfratto e buttare in strada l’ennesima famiglia che, con la crisi, non riesce più a garantire il pagamento di un affitto da strozzo”.

Al di là dei toni usati da parte degli antagonisti, la lettura dei fatti di questi ultimi giorni diviene sempre più chiara: imboccare la strada degli sgomberi ‘a testa bassa’, senza alcuna intenzione di trovare una soluzione mediata, così come proposto invece dal mondo dell’associazionismo, può costare caro, molto caro. E non è solo una questione di immagine.

 

GM