Femminicidi in aumento nel 2013

Murale contro la violenza sulle donne (PHOTO / FILIPPO MONTEFORTE  - Getty Images)
Murale contro la violenza sulle donne (PHOTO / FILIPPO MONTEFORTE – Getty Images)

Sono stati diffusi i dati del secondo rapporto Eures sul femminicidio in Italia, dal quale si registra in Italia un aumento del 14% del fenomeno tra il 2012 e il 2013 che risulta essere l’anno più cruente negli ultimi sette anni.
In totale si sono registrate ben 179 vittime della violenza maschile nel 2013, un numero che non è mai stato elevato rispetto al totale degli omicidi: in base allo scorso anno, il femminicidio ha rappresentato il 35,7% dei casi di omicidi che in totale sono stati 502.
La regione capolista di queste efferati crimini è il Lazio seguito da Campania e Lombardia, anche se dal punto di vista delle città, Roma si piazza in prima posizione seguita da Torino.
L’Eures li chiama«femminicidi del possesso» e spiega che dipendono, in genere, dalla decisione femminile di interrompere la relazione: sono oltre 330 le donne uccise in Italia, dal 2000 a oggi, per aver lasciato il proprio partner

Nel 2013, una donna è stata uccisa ogni 48 ore e in due casi su tre per mano di un uomo che nella maggior parte dei casi non ha accettato che lei abbia voluto interrompere la relazione.
Nello specifico, nel 92,4% dei casi la donna è vittima di un uomo che due volte su tre, ovvero nel 66,4% dei delitti (81 casi su 122) si rivela essere il partner di cui: il coniuge o il convivente (45,1%, 55 uccise), l’ex (14,8%, 18 vittime) oppure il fidanzato (6,6%, 8 casi).
Tra i metodi più comuni con i quali lo scorso anno è stata uccisa una donna su tre: l’ex picchia la donna (5,6%), la strangola (10,6%) o la soffoca (12,3%).

In base alle regioni: il Sud Italia resta l’area più a rischio con 75 vittime, registrando un aumento del + 27,1% rispetto al 2012), mentre al nord si registra un decremento del -21%, con 60 casi.
Tuttavia il rapporto ha invece registrato una vera e propria esplosione del fenomeno elle regioni centrali che il fenomeno esplode dove si conta un amento del 100% in più di delitti, passando da 22 a 44: nel lazio si è passati da 9 omicidi a 20, in Toscana da 6 a 13), in Umbria da 3 a 6) e nelle Marche da 4 a 5.
In base a questa triste classifica, Lazio e Campania si posizionano al primo posto per femminicidi, seguite da Lombardia (19), la Puglia (15), la Toscana (13), la Calabria e Sicilia (entrambe con 10 vittime).
Per quanto riguarda le province Roma è prima con 11 casi, seguita da Torino (9), Bari (8), Latina, Milano, Palermo e Perugia (6 ciascuna).

Il rapporto rileva anche altri cambiamenti che riguardano l’età delle donne vittime che passa da una media dei 50 anni nel 2012 a 53,4 nel 2013.
Tanto che sono le pensionate ad essere più spesso vittime dei loro carnefici nel 35,5% dei casi, seguite dalle casalinghe e le disoccupate (15,1%) a cui seguono impiegate, lavoratrici dipendenti, domestiche, colf e badanti (9,9%).

Un dato funesto che rimbalza sui media proprio mentre alla Camera e nei Comuni si discute di rompere una catena che sfrutta e denigra l’immagine femminile. Un sistema maschilista che regna anche nel settore della pubblicità. Non a caso in questi ultimi anni si è creato un movimento contro la cosiddetta “pubblicità sessista”, che vuole la donna succube dell’uomo, perfetta, in tenuta sexy e alle sue dipendenze, spessa accosta agli oggetti di consumo.
Ieri, il Comune di Bologna ha apportato una modifica al Regolamento per l’applicazione dell’imposta di pubblicità e per il servizio delle affissioni, approvando una delibera con la quale nei contratti di gestione di impianti pubblicitari sarà inserita una clausola che impone al contraente di accettare l Codice di Autodisciplina Pubblicitaria e che sarà anche chiesta di sottoscrivere ai committenti di una pubblica affissione.
Il Codice di Autodisciplina vieta l’uso nella pubblicità affermazioni (o rappresentazioni) di violenza fisica o morale o tali che debbano ritenersi “indecenti, volgari o ripugnanti”, basandosi sul principio che la pubblicità non deve offendere le convinzioni morali, civili e religiose dei cittadini, e deve rispettare la dignità delle persone in tutte le sue forme ed espressioni, evitando ogni forma di discriminazione, compresa quella di genere.

C.D.