
Domenica si vota per le regionali in Emilia-Romagna e Calabria: il Pd di Matteo Renzi è sicuro di vincere, ma l’attesa è sulle proporzioni della vittoria. Sono in molti a scommettere infatti che nella rossa Emilia, il candidato renziano Stefano Bonaccini dovrà vedersela sicuramente con l’astensionismo, anche in virtù del flop delle primarie per la scelta del nome del presidente ‘in pectore’, ma che rischia di dover fare i conti anche con lo spauracchio della candidatura del leghista Alan Fabbri a capo di una coalizione formata da Carroccio, Forza Italia e Fratelli d’Italia.
Non è un caso, infatti, che Matteo Salvini si sia speso così tanto per questa “strana campagna elettorale”, come lui stesso l’ha definita, incappando anche in aggressioni da parte dei centri sociali e in più o meno presunte gaffe sui social network: o il segretario della Lega Nord pensa che il sogno di strappare al centrosinistra la più “rossa” delle Regioni, ripetendo l’exploit che fu di Giorgio Guazzaloca, eletto sindaco di Bologna nel 1999, sia davvero possibile oppure sta bluffando e facendo harakiri.
Tante delle attese di Salvini di porsi a leader di un centrodestra diviso, ma più a destra – con Nuovo Centrodestra e Udc che presentano un proprio candidato sia in Emilia-Romagna che in Calabria, in nome del moderatismo – sono riposte infatti nella capacità di sfondare di Alan Fabbri e della sua coalizione; se dovesse fallire, gli ex alleati alfaniani potrebbero bussare con maggior enfasi alla porta di Silvio Berlusconi per chiedere di ricompattare i moderati, “salvando” Forza Italia da uno spostamento dell’asse verso destra che potrebbe esserle fatale.
A maggior ragione, i “più moderati” del centrodestra potrebbero alzare la posta e chiedere a Forza Italia di ridimensionare l’alleanza con la Lega Nord se in Calabria risultasse fatale la frattura che ha portato alla candidatura di Wanda Ferro a capo di una coalizione fatta dal centrodestra di opposizione al governo Renzi e di Nico D’Ascola come nome su cui puntano quelli del centrodestra che è nella maggioranza parlamentare. Intanto, però, l’ex presidente del Senato, Renato Schifani, sembra respingere ipotesi di riavvicinamento: “Ncd di nuovo con Berlusconi? No, grazie. La nostra strada è un’altra”.
Renziani e cuperliani
In Calabria, l’unico sondaggio diffuso dà per certa la vittoria di Mario Oliverio, vincitore un po’ a sorpresa delle primarie di coalizione e nome che a livello nazionale farebbe parte della minoranza “cuperliana” del Partito Democratico, con una percentuale di poco sotto al 50%. La Ferro si fermerebbe a un quarto dei voti validi, mentre D’Ascola dovrebbe raccogliere un 8% dei consensi. In Emilia-Romagna, invece, sembra che Bonaccini, rilanciato anche dal fatto di essere uscito pulito dall’inchiesta sulle “spese pazze” dei gruppi consiliari, punti solo a superare lo scoglio del 50% dei voti utili.
Sarebbero due affermazioni che potrebbero anche dare nuova linfa a un Partito Democratico travagliato da scontri interni praticamente su tutto: Sblocca Italia, Jobs Act o legge di stabilità, non vi è questione che ultimamente non alimenta discussione. La Calabria con un presidente della Regione esponente della minoranza del partito e l’Emilia-Romagna guidata invece da un fedelissimo del premier potrebbero chiamare alla responsabilità tutte le componenti del Pd; questo Renzi lo sa bene e non è forse un caso che sarà giovedì a Bologna, mentre la chiusura della campagna elettorale l’ha prevista al fianco di Oliverio.
Dov’è il Movimento 5 Stelle?
In questo scenario, la domanda d’obbligo è questa: che fine ha fatto il Movimento 5 Stelle? Nelle elezioni locali, è risaputo, non è che i pentastellati abbiano mai brillato di luce propria; i comuni che amministrano li hanno conquistati grazie soprattutto al fatto che sui loro candidati si sono riversati gran parte dei voti dei partiti esclusi dai ballottaggi, ma Emilia-Romagna e Calabria, alle elezioni politiche del 2013, avevano fatto registrare delle ottime performance per il Movimento 5 Stelle: 650mila preferenze pari quasi al 25% nel primo caso, 230mila preferenze e primo partito con il 25% nel secondo caso.
In queste elezioni, invece, i 5 Stelle, che hanno anche assaporato (forse) la possibilità di conquistare l’Emilia-Romagna, rischiano grosso, molto grosso. Addirittura di restare fuori dai consigli regionali. Cosa che, se nel cuore della pianura padana appare improbabile, ma non impossibile vista anche la presenza della lista di “liberi cittadini” che gode dell’appoggio di Giovanni Favia e Federica Salsi, “epurati” della prima ora, è quasi una certezza in Calabria, dove i pentastellati pagano lo smacco del recente flop delle comunali di Reggio Calabria e il coinvolgimento di un iscritto a un meet-up in un’inchiesta per ‘ndrangheta. Questo Beppe Grillo lo sa e lo sa anche l’ex ideologo, o presunto tale, del Movimento 5 Stelle, Paolo Becchi, che un paio di giorni fa ha attaccato il portavoce nazionale in un’intervista.
GM