Jobs Act, iniziata discussione alla Camera

L'Aula della Camera dei Deputati (Foto: ANDREAS SOLARO/AFP/Getty Images)
L’Aula della Camera dei Deputati (Foto: ANDREAS SOLARO/AFP/Getty Images)

L’assemblea di Montecitorio, chiamata da stamattina al voto sulla legge delega del lavoro, denominata Jobs Act, ha bocciato le pregiudiziali di costituzionalità alla riforma, presentate dalle opposizioni di Forza Italia, Movimento 5 Stelle, Sel e Lega Nord. Al via dunque la discussione generale sul Jobs Act, con il governo che punta ad approvare la riforma entro mercoledì prossimo, verosimilmente ricorrendo all’ennesimo voto di fiducia.

Nel frattempo, Sergio Pizzolante, capogruppo in commissione Lavoro alla Camera e vicepresidente del gruppo Ncd, difende il Jobs Act: “Subito dopo l’approvazione in commissione dell’emendamento Poletti-Sacconi sull’articolo 18 le opposizioni sono uscite dall’aula e la Cgil ha proclamato lo sciopero generale. Quello è il mondo di Damiano, se hanno reagito in quel modo vuol dire che non ci sono stati gradi cambiamenti”.

Quindi, rivolgendosi a Berlusconi: “Berlusconi quando ha governato non è riuscito a scalfire l’articolo 18 . Oggi Forza Italia è all’opposizione ma in commissione Lavoro non ha presentato emendamenti contro l’articolo 18, a cominciare dall’onorevole Polverini, ex leader dell’Ugil, sindacato che oggi sciopera con la Cgil”. Per Pizzolante, sull’articolo 18 “c’è un doppio fallimento di Berlusconi prima perché non è riuscito a cambiarlo lui, secondo perché ci ha rinunciato adesso”.

Il sito della rivista ‘Internazionale’ ospita invece un intervento dell’economista Andrea Fumagalli, docente dell’Università di Pavia e sostenitore di modelli di reddito indipendente dal lavoro, che boccia in toto l’impianto del Jobs Act: “La precarietà si istituzionalizza. La prestazione lavorativa è sottoposta al controllo, il demansionamento legalizzato. E non sarà certo l’aumento di 500 milioni di euro per gli ammortizzatori sociali (una goccia nel mare della povertà precaria), né l’istituzione di un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti (dove per i primi tre anni vi è totale libertà di licenziamento), per di più rivolto a personale qualificato che comunque verrebbe assunto, a rendere più dolci le pillole amare del Jobs act”.

Diritti zero come in Grecia?

Il blog di Beppe Grillo, infine, rilancia un post del portale ‘L’antidiplomatico’, nel quale si sostiene in pratica che il modello del mercato del lavoro che si intende approvare attraverso il Jobs Act non è dissimile da quello messo in atto nella Grecia sotto imposizione della troika e si evidenzia: “Quando Renzi e gli altri vi lodano il Jobs act come la panacea per il nostro paese, ricordate che esiste un paese in cui l’esperiento è già in corso da mesi. Quando si eliminano o si riducono le tutele del mondo del lavoro, il risultato è quello che stiamo assistendo ogni giorno in Grecia“.

 

GM