Regionali, a Bologna Renzi chiude la campagna elettorale tra le contestazioni

Matteo Renzi (ALBERTO PIZZOLI/AFP/Getty Images)
Matteo Renzi (ALBERTO PIZZOLI/AFP/Getty Images)

I numeri ufficiali non ci sono – anche se qualcuno parla di un centinaio almeno di contestatori –  ma il colpo d’occhio della platea presente al Paladozza di Bologna per la chiusura della campagna elettorale del candidato alla presidenza dell’Emilia-Romagna del centrosinistra, Stefano Bonaccini, esponente renziano del Pd, è decisamente meno incoraggiante di quello delle centinaia di militanti accorsi fuori dal palazzetto per contestare il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, giunto appunto nel capoluogo emiliano per sostenere il suo “pupillo”.

Come mai la sala in cui erano previsti gli interventi di Bonaccini e Renzi fosse semivuota è presto detto, almeno stando a quanto riportato in un comunicato del Pd che accusa gli antagonisti di aver “prima bloccato gli accessi verso Piazza Azzarita, impedendo a centinaia di cittadini, impauriti, di raggiungere il PalaDozza, e poi assaltando lo storico circolo Pd di via Galliera, il Passepartout, distruggendo il vetro della bacheca dove vengono affissi gli avvisi”. Dalla contestazione, blindata ma sostanzialmente pacifica, si è staccato infatti un gruppetto di militanti antagonisti che ha  distrutto una sede del Pd.

“Solidarietà agli amici del circolo ‘Passepartout’, al segretario e a tutti gli iscritti” è stata espressa dal vicepresidente del partito, Sandra Zampa, secondo la quale “chi ieri sera ha pensato di intimidirli non solo si dimostra privo di argomenti ma davvero si rivela non all’altezza della storia di democrazia di Bologna”. Solidale anche Andrea De Maria, responsabile Formazione politica PD, che ha parlato di “fatti molto gravi che non possono essere sottovalutati. Si è trattato di azioni teppistiche di piccoli gruppi di estremisti”.

“Quando si scende sul piano della violenza e della volontà di impedire ad altri di esprimere il proprio pensiero si sceglie una strada molto pericolosa, che, come ci insegna la storia d’Italia, può portare ad una deriva pericolosissima per la democrazia”, ha commentato De Maria.

Dal canto suo, il premier Renzi ha ironizzato: “Fuori da qui possono dire quello che vogliono, possono tirare le uova faremo le crepes, tirarci i lacrimogeni ma noi non ci fermiamo”. Bonaccini ha invece sfidato i contestatori: “Devono sapere che non ci fanno paura, non ci intimidiscono. Non credano che arretreremo, noi siamo quelli che vogliono la politica con la p maiuscola e non credano che con la prevaricazione possano tenere lontano la gente”.

Il discorso di Renzi

Nel corso del suo intervento al Paladozza il premier Renzi non ha risparmiato come al solito critiche al sindacato: “Non hanno scioperato contro la Fornero ma contro noi e lo fanno per un motivo politico. Noi vogliamo bene ai sindacati che difendono i lavoratori e non i sindacati che difendono la miriade di sigle. Difendiamo il lavoro e non i professionisti della burocrazia”.

Renzi ha spiegato: “Se diciamo che le tutele dell’art.18 sono poco più che un totem ideologico non lo diciamo per abbandonare al loro destino i lavoratori licenziati, ma perché quella tutela non garantisce chi perde il lavoro ma il sistema di welfare”. Poi ha replicato a un’accusa mossagli dalla segretaria Cgil, Susanna Camusso: “Quando dicono che la nostra riforma è quella di Margaret Thatcher ricordo che lei diceva che la società non esiste. Io se c’è una cosa in cui credo è il valore della società”.

In apertura di intervento, Renzi si era rivolto ai militanti Pd presenti in sala: “C’è una sensazione strana quando si torna tra tanti amici, che è quella di tornare a casa. Grazie dal profondo del cuore per questo affetto”. Poi ha ringraziato: “Io sono qui innanzitutto per dire grazie del percorso che abbiamo fatto insieme, è una ragione di stima, di rispetto e amicizia. Son qui per dire a un amico che è bello che ti metti in gioco”.

 

GM