Vilipendio, condannato Francesco Storace

Francesco Storace (TIZIANA FABI/AFP/Getty Images)
Francesco Storace (TIZIANA FABI/AFP/Getty Images)

Dopo mesi di polemiche e di accuse, è arrivata la condanna a sei mesi, con pena sospesa, ai danni di Francesco Storace, leader de ‘La Destra’, per aver violato l’articolo 278 del codice penale, il quale recita: “Offese all’onore o al prestigio del Presidente della Repubblica. Chiunque offende l’onore o il prestigio del Presidente della Repubblica, è punito con la reclusione da uno a cinque anni”. Il reato è in pratica quello di vilipendio al Capo dello Stato, ritenuto da molti osservatori un reato di opinione da inserire nella lista di quelli meritevoli di abolizione.

I fatti risalgono a qualche anno fa e li aveva ricostruiti nelle scorse settimane lo stesso Storace: “Era il 2007, governo Prodi. Feci una fortissima polemica contro il sostegno dei senatori a vita all’esecutivo in carica. Uno dei miei giovani usò sul blog la parola ‘stampella’ parlando di Rita Levi Montalcini. Lei scrisse al vostro giornale, Napolitano la ricevette e definì l’attacco ‘indegno’. Io gli risposi, politicamente, con le sue stesse parole: ‘Semmai è indegno il capo dello Stato’. Fu una scelta di comunicazione, pensai che finissi lì”.

La sentenza, emessa dal giudice monocratico Laura D’Alessandro, rispecchia quelle che erano state le richieste dell’accusa e riconosce comunque le attenuanti generiche a Storace, il quale ha così commentato la sentenza: “Sono l’unico italiano a essere stato condannato per questo reato”. Poi ha rilanciato: “Ieri il Pd ha bloccato ogni possibilità di discussione sull’abrogazione o sulla modifica di questo reato anacronistico. Sarà contento Napolitano”.

Pronto il ricorso in Appello, almeno secondo quanto afferma il legale dell’ex ministro, Giosuè Naso, il quale ha anche ricordato: “Anche in occasione del Laziogate venne condannato in primo grado e poi fu assolto ampiamente in appello. Non è accettabile una sentenza in questi termini. Ora aspetteremo le motivazioni”.

Caso politico

Non sembra essere d’accordo con i suoi avvocati, il diretto interessato, che rilancia e sposta i termini della questione in ambito politico: “Voglio capire cosa vuole fare il Parlamento, perchè e evidente che ha un mese di tempo per dire se vale la pena continuare con questo tipo di impostazione. Oggi prevale la delusione, domani ci ragionerò a mente fredda”.

E a farne una questione politica, arriva anche Daniele Capezzone, Presidente della Commissione Finanze della Camera e deputato di Forza Italia: “Si parla tanto di riforma della giustizia, ma tra i ‘santuari’ intoccabili sembrano esserci anche residui illiberali come i reati di opinione. Sarebbe invece il caso di abolirli, garantendo, come accade nella grande democrazia americana, un pieno ‘free speech’, una vera libertà di parola e di espressione. Poi, in particolare sul terreno civile, ciascuno potrà agire contro chi ritiene lo abbia offeso: ma l’idea di un intervento penale per una sorta di ‘lesa maestà’ appare anacronistica e perfino surreale”.

Capezzone entra poi nel caso specifico di Storace, “che riceve una condanna penale per le parole che rivolse verso il Capo dello Stato, peraltro subendo un trattamento ben diverso da altri che hanno detto ben di peggio”. Conclude l’esponente di Forza Italia: “Nei confronti di Storace, e di chiunque possa trovarsi in condizioni analoghe, non basta una vaga solidarietà, ma occorrerebbe un serio e coraggioso intervento riformatore”.

 

GM