Jobs Act, Poletti “sufficientemente contento” dopo ok alla Camera

Il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti (ANDREAS SOLARO/AFP/Getty Images)
Il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti (ANDREAS SOLARO/AFP/Getty Images)

Dopo l’ok alla Camera dei Deputati sul Jobs Act, il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, si ritiene “sufficientemente contento” del risultato raggiunto e intervenendo alla trasmissione di Raitre ‘Agorà’ commenta: “Prepareremo in queste settimane il decreto che fa riferimento al nuovo impianto del mercato del lavoro che noi vogliamo produrre per superare tutti gli elementi di precarietà”.

Poletti interviene poi sul dissenso interno al Pd: “Quelli che non hanno votato sono dei parlamentari che hanno mantenuto la loro posizione, ma questo non preclude a nessun tipo di rottura. La discussione è rimasta ferma all’articolo 18, ma in realtà si è fatto molto contro la precarietà, prevedendo per molti giovani che avevano contratti di assoluta precarietà l’istituzione di un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti”.

“Non c’è nessun cedimento culturale: chi aveva le tutele le mantiene. Fino ad adesso sulla riduzione delle precarietà nessuno aveva fatto un bel niente”, riflette ancora Poletti, ma “ci vuole un cambiamento radicale sia per gli imprenditori sia per i lavoratori, abbiamo bisogno di collaborazione responsabile, inutile sbandierare dei bandieroni, non solo da parte del sindacato”.

Poletti rimarca quindi: “Il lavoro non casca dal cielo, è risultato di una azione imprenditoriale. Dobbiamo far si che fare impresa assuma un valore positivo, non si può pensare che impresa vada tenuta ammanettata. La crisi c’è per moltissime ragioni: mancati investimenti, problemi finanziari, ma anche la legislazione del lavoro è un problema, e noi lo abbiamo affrontato”.

Il ministro infine conclude: “L’Italia è il Paese dei sì però. Chi sta al governo deve governare e prendersi le sue responsabilità. L’Italia per tanto tempo non ha voluto prendersi la responsabilità delle scelte che andavano fatte”.

Giovani Cgil in piazza

Chi invece è tutt’altro che contento del voto di ieri sono i giovani della Cgil, che saranno oggi in piazza a Roma, nell’ambito della campagna ‘Xtutti’, per spiegare come a loro avviso “il provvedimento sul lavoro ‘faccia acqua’ da tutte le pari”. Si tratta della prima di una serie di iniziative “che metteremo in campo in vista dello sciopero generale del prossimo 12 dicembre. La mobilitazione infatti non si esaurirà con l’approvazione della legge delega, né tantomeno con lo sciopero generale, ma continuerà anche oltre, parallelamente al varo dei decreti delegati, contro le politiche del governo, a partire dai temi del lavoro, e perché ci sia un vero e positivo cambiamento”.

Il no di Renata Polverini

Intanto, in un intervento su “Il Garantista”, Renata Polverini deputata di Forza Italia e vicepresidente della commissione Lavoro, nonché ex leader nazionale dell’Ugl, motiva “da destra” la sua contrarietà alla legge delega sul lavoro: “Per me l’art.18 resta l’architrave di tutti i diritti e viene di fatto cancellato (perché, per evitare equivoci, d’ora in poi i datori di lavoro licenzieranno per motivi economici e la faranno franca) proprio quando ce ne sarebbe maggior bisogno quantomeno per arginare la deriva verso il lavoro come pura merce, come elemento qualsiasi (anzi, il meno tutelato, se pensiamo alle mille accortezze che ogni oggetto prodotto annuncia di possedere al suo interno per garantire l’utente o consumatore finale) del ciclo produttivo”.

Attacca l’ex presidente della Regione Lazio: “Il Governo ha addirittura anteposto la votazione sul Jobs Act alla Legge di Stabilità, invertendo, così, la logica delle cose: non è più l’economia – cioè le scelte che, attraverso la Finanziaria, l’Esecutivo fa per uscire dalla crisi – a creare le condizioni per rilanciare una disoccupazione che viaggia intorno al 13%, con punte del 60 per i giovani del Mezzogiorno, a stimolare la creazione dei posti di lavoro, ma le condizioni alle quali il lavoro si offre alle imprese…Il credit crunch, la riforma della giustizia, gli investimenti pubblici, le infrastrutture, il fisco; nulla di tutto questo, per il Governo, conta più delle normative che regolano il mondo del lavoro”.

La Polverini ricorda infine di aver votato, in dissenso col suo gruppo, “tutti gli emendamenti, da chiunque proposti, che chiedevano il mantenimento dell’articolo 18 così com’è o di migliorarlo rispetto alla riforma Monti/Fornero” e di averlo fatto “per coerenza verso quei valori sociali che appartengono tradizionalmente e storicamente a quella cultura di Destra che si riconosce nella Dottrina Sociale della Chiesa e ha come obiettivo finale la Partecipazione dei lavoratori alla gestione ed agli utili delle imprese in una cornice di diritti e doveri che non può essere squilibrata come il Jobs Act propone”.

 

GM