
La Libia è tornato un vulcano pronto a esplodere. I conflitti tra l’autoproclamatosi governo transitorio di Abdullah Al Thani in esilio a Tobruk, e riconosciuto dalla comunità internazionale, e i militari della coalizione governativa filo-islamica di Fajr Libya si stanno rivelando un nodo giuridico quasi inestricabile anche per le Nazioni Unite. I raid aerei sull’aeroporto di Tripoli da parte dell’aviazione dell’esercito regolare hanno scatenato il “premier” del governo parallelo Omar al Hassi che ha minacciato che “così si arriva alla guerra”. L’Onu, intervenuta per chiedere a Al Thani di fermare i bombardamenti e riavviare un dialogo con Tripoli (appello sostenuto anche dall’Italia) si è vista rispondere con un secco no. Al Thani ha dichiarato che è disposto a interrompere le azioni militari solo quando le milizie abbandoneranno la capitale consentendo l’ingresso alle forze regolari. Il pasticcio legislativo dei “due governi” si è aggravato da quando la Corte Suprema ha definito “illegittimo” il parlamento di Tobruk, riabilitando l’ex Congresso generale nazionale. Da allora, Al Hassi ha iniziato la propria azione di pressione sulla comunità internazionale, ammonita dal trattare con il “fronte illegale”. Pochissime le ambasciate ancora aperte a Tripoli, tra cui quella italiana. L’ultima a chiudere è stata quella di Malta, i cui funzionari hanno raccontato di aver visto spuntare le bandiere nere dell’Isis anche nella capitale. Il rischio è che la Libia diventi l’avamposto dello Stato islamico nel Mediterraneo. L’Unione Europea sta cercando di agire in stretto contatto con i paesi vicini del Nord Africa, come Algeria e Egitto che sarebbero favorevoli a un intervento militare. Ieri il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, in un’intervista a la Repubblica, ha dichiarato che l’Italia è pronta a impegnarsi in prima fila con un mandato di peacekeeping ma solo su mandato Onu. “La Libia – ha detto il titolare della Farnesina – rappresenta per noi un interesse vitale per la sua vicinanza alle nostre coste; i temi da trattare sono tanti, dal dramma dei profughi al rifornimento energetico. Non dobbiamo però ripetere l’errore di mettere gli stivali sul terreno prima di avere una soluzione politica da sostenere”. L’ambasciata italiana a Tripoli per ora resta aperta, fornendo un supporto logistico insostituibile per l’Onu. L’obiettivo europeo è di evitare che la Libia si disgreghi nelle regioni di Tripolitania e Cirenaica, perdendo la propria unità nazionale. Nessuna delle due sarebbe in grado di prevalere militarmente sull’altra e, a quel punto, la minaccia dell’Isis diventerebbe molto concreta.
C.M.