Il caso della successione al Quirinale: Amato contro Prodi

Giuliano Amato (Vincento Pinto/Getty Images)
Giuliano Amato (Vincento Pinto/Getty Images)

Dopo l’incontro del premier Matteo Renzi e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che si è tenuto mercoledì scorso al Quirinale, tornano in primo piano le indiscrezioni sulle ipotesi di dimissioni di Napolitano che potrebbe ufficializzare il suo addio al Colle entro la fine anno.
E così, in base alle previsioni, il governo Renzi, a metà gennaio, potrebbe essere alle prese con il capitolo “successione al Quirinale” e incagliarsi con il gioco dei nomi.

Ma mai come oggi, si rivela difficile trovare una figura che metterebbe tutte le forze parlamentari d’accordo: dai primi totonomi circolati inizio mese, che scommettevano su personaggi come Romano Prodi, Massimo D’Alema fino a Walter Veltroni, passando per le quote rose, con figure come la Anna Finocchiaro, il nome di Giuliano Amato sembra invece risuonare più degli altri.

Tanto che sarebbe proprio lo stesso Napolitano ad appoggiarlo per la successione al Colle: quella di Amato potrebbe essere la figura ideale per l’attuale situazione politica e di governo, retto da una maggioranza che raccoglie la sinistra dem, la destra alfaniana e i forzisti legati al Patto del Nazareno.  Non a caso proprio Amato era nella rosa dei noi di Silvio Berlusconi nel 2013.
Tuttavia tra Amato e Renzi non corre buon sangue e allora spunta il nome di Prodi chiesto a gran voce da Rosy Bindi, ovvero gli ulivisti del Pd che auspicano di riuscire a convincere anche il Movimento Cinque Stelle.
Ma anche in questo caso, non sarebbe facile ottenere il via libera del leader di Forza Italia e all’interno del Pd potrebbe ricrearsi la situazione dei 101 franchi tiratori così come accadde nel 2013. In ultimo, spunta ora anche il nome di Mario Draghi, l’attuale presidente della Banca Centrale Europea (Bce), che, secondi alcuni fonti,  in condizioni di emergenza per il paese, lascerebbe il suo incarico.

In questo scenario, Renzi, tra l’incudine e il martello, dovrà al contempo cercare di portare a termine l’approvazione della riforma della legge elettorale e quella costituzionale:  l’Italicum che ristagna al Senato, una volta approvato dovrà passare nel mese di gennaio al vaglio della Camera, così come  la legge costituzionale per la riforma del bicameralismo paritario passata in agosto scorso al Senato è ora in seconda lettura a Montecitorio ed essendo un legge costituzionale, avrà un percorso di approvazione più lungo che comporterebbe diversi mesi.

Inoltre nella nota diramata dal Quirinale dopo l’incontro tra Renzi e Napolitano, è stato sollevato il problema che la legge elettorale vale soltanto per la Camera dei deputati, in quanto il Senato elettivo dovrebbe essere abolito ed esiste pertanto l’incognita di un sistema elettorale efficace per i due rami del Parlamento laddove le camere fossero sciolte prima dell’entrata in vigore della legge costituzionale.

In conclusione: sembra sgretolarsi il sogno renziano di vedere Napolitano ad Expo’ 2015 e sale il timore di dissidi interni al suo partito, tanto che la stessa tenuta della maggioranza è a rischio e c’è chi pensa che nonostante le rassicurazioni di Renzi, “se faremo le riforme la legislatura questo Parlamento arriverà alla scadenza naturale al 2018” , l’idea di elezioni anticipate, sembra trovare sempre più fondamenta. Per quanto riguarda la possibilità dello scioglimento in realtà sussiste il problema di avere un sistema elettorale efficace per entrambi i rami del Parlamento qualora le camere fossero sciolte prima dell’entrata in vigore della legge costituzionale che cancella il Senato.
Ma, secondo altre teorie di “fantapolitica”, vi è anche l’ipotesi di un’asse tra la fronda interna al Pd tra Dalemiani e Prodiani e la corrente Fittiana di Forza Italia per far cadere il patto del Nazareno e scongiurare l’approvazione dell’Italicum che offrirebbe l’occasione di andare alle elezioni anticipate che in realtà sarebbero il vero obiettivo di Renzi.

C.D.