
Forse il canovaccio delle prossime settimane di vita politica già c’è. Si tratta solo di rivedere alcuni ruoli ed alcune scene di raccordo ma prologo, trama ed epilogo sono scritti. Si pensa a questo nel trarre un significato politico dalle dichiarazioni di Silvio Berlusconi e Matteo Renzi delle ultime quarantottore. Ieri il leader di Forza Italia scompaginava l’agenda politica delle prossime settimane ponendo una pregiudiziale pesantissima sul Patto del Nazareno: nominare il Presidente della Repubblica prima delle riforme, l’Italicum in particolare, la legge – chiave. Se quella del leader di Forza Italia era una boutade pesava già come un macigno. I renziani hanno provato a minimizzare e a fare spallucce. E nel farlo hanno sentito come un brivido proprio lì sulla schiena. Perché se per mesi Raffaele Fitto da una parte e i dissidenti PD dall’altra hanno tentato invano di scuotere il tavolo della trattativa Renzi Berlusconi riuscendo a malapena ad inclinarne il piano d’appoggio è stato l’inabissamento di Forza Italia alle ultime Regionali: un 8,36 per cento in Emilia Romagna e un 12,41 in Calabria. La caduta è stata così clamorosa che sembra poter trascinare con se il tavolo del Nazareno. Un Patto che non ha pagato, evidentemente, e che sembra aver convinto Silvio ad alzare la posta di una partita. L’alleanza con Renzi, un progetto già perdente partenza, ora preannuncia come dividendo l’esito contabile di moltiplicazione con il segno meno.
“Camere delegittimate”
Il no di Renzi alla proposta “irricevibile” di Silvio era scontato. Ecco allora la conclusione, per certi aspetti logica, del leader di Forza Italia, ribadita oggi ai suoi: “Siamo già in campagna elettorale, non sappiamo se le elezioni si terranno in primavera con il Consultellum – le norme applicabili per effetto della sentenza della Suprema Corte sull’incostituzionalità della legge elettorale applicata alle ultime politiche Ndr – o dopo con l’Italicum, ma di certo siamo in una democrazia che non è totale” un concetto che riprende quanto già dichiarato ieri nel corso dell’intervista al Corriere della Sera. Parole che, di fatto, ha aperto le ostilità con Matteo Renzi: «le Camere sono per metà delegittimate da una sentenza della Corte costituzionale». Oggi l’ex cavaliere riprende il discorso da dove lo aveva lasciato. E se ieri il dito era puntato sul Parlamento oggi tocca a Palazzo Chigi «Non siamo più in una democrazia: abbiamo il terzo governo non eletto, Renzi fa il premier con 108.000 voti presi alle elezioni di Firenze. La maggioranza si basa su 148 deputati incostituzionali. Quindi come si può pretendere di far votare le riforme costituzionali e il presidente della Repubblica da questi deputati? Sono cose assurde». Gli stressi deputi incostituzionali che hanno votato la riforma del Senato, verrebbe da dirgli, ma sono inezie. «Siamo in una situazione molto peggiore di quella in cui si trovava l’Italia nel ‘94 quando con Mani pulite avevano fatto fuori i partiti. Allora i comunisti non erano al potere, oggi, sotto mentite spoglie, sotto travestimenti utili, li abbiamo al potere e non ci rendono sicuri dei nostri diritti e delle nostre libertà in una situazioni di crisi»
Ecco, sì, i comunisti al potere. Con il premier che attacca i sindacati i giorni pari e quelli dispari. Renzi il comunista che tweeta facezie sulla fine dell’articolo 18. Forse ha ragione Silvio: siamo proprio in campagna elettorale.
ADB