Smantellato il “Cupolone”: “C’è la mafia a Roma”

Campidoglio, Roma (Filippo Monteforte/Afp/ Getty images)
Campidoglio, Roma (Filippo Monteforte/Afp/ Getty images)

Un complesso intreccio tra malaffare, criminalità, appalti pubblici e attività economiche nella capitale che ha coinvolto centinaia di persone, tra cui politici e amministratori pubblici. Un “sistema ramificato di stampo mafioso” bipartisan che gestiva gli affari pubblici della capitale come i campi Rom e i centri di accoglienza immigrati, la gestione dei rifiuti, pilotava gli appalti e le nomine, finanziava cene e campagne elettorali, smantellato ieri con una maxi operazione messa in atto da Guardia di Finanza e Carabinieri del Ros. A capo della rete, vi era Massimo Carminati, 56 anni, ex terrorista di estrema destra dei Nar ed ex membro della Banda della Magliana.
Un’Italia corrotta da Nord a Sud, spaziando da Expo 2015 a Milano, al Mose a Venezia, in ultimo il caso di Roma.

Arrestati e indagati

In tutto vi sono 37 arrestati e un centinaio di indagati, tra i quali spicca il nome dell’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, indagato per associazione a delinquere di stampo mafioso, oppure  Mirko Coratti (Pd), presidente dell’Assemblea Capitolina, che si è subito dimesso, ma anche due consiglieri regionali, uno del Pd Eugenio Patanè) e l’altro di Forza Italia Luca Gramazio così come l’assessore alla casa Daniele Ozzimo (Pd) che si è dimesso sostenendo che “sono estraneo ai fatti ma per senso di responsabilità rimetto il mio mandato”. Anche il responsabile della Direzione Trasparenza del Campidoglio, Italo Walter Politano è indagato per il reato di associazione di stampo mafioso.
Dal canto suo, l’ex sindaco Alemanno ha commentato che “chi mi conosce sa bene che organizzazioni mafiose e criminali di ogni genere io le ho sempre combattute a viso aperto e senza indulgenza. Dimostrerò la mia totale estraneità ad ogni addebito e da questa incredibile vicenda ne uscirò a testa alta”.
“Sono sicuro che il lavoro della  magistratura, dopo queste fasi iniziali, si concluderà con un pieno proscioglimento nei miei confronti”, ha poi concluso Alemanno.
“L’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, è indagato. La sua posizione è ancora tutta da vagliare”, ha rassicurato il procuratore Pignatone.

Mondo di mezzo

L’indagine, coordinata dal procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, ha preso il nome di “Mondo di mezzo”, un termine estrapolato proprio da un’intercettazione a Carminati che parlando dell’organizzazione raccontava ad una persona che “è la teoria del mondo di mezzo compà…ci stanno… come si dice… i vivi sopra e i morti sotto e noi stiamo nel mezzo… e allora… e allora vuol dire che ci sta un mondo… un mondo in mezzo in cui tutti si incontrano… come è possibile… che ne so… che un domani io posso stare a cena con Berlusconi”.
Per sollecitare i suoi, Carminati sosteneva: “Bisogna vendere il prodotto amico mio, eh. Bisogna vendersi come le puttane ades…adesso e allora mettiti la minigonna e vai a batte co’ questi amico mio, eh… capisci”.
Tuttavia, secondo quanto ha sostenuto il procuratore, la particolarità dell’organizzazione soprannominata “Mafia capitale” sta nella su originiarità: ovvero che rispetto alle associazioni mafiose meridionali, è un’organizzazione prettamente romana, senza altre organizzazioni con le quali ha rapporti di parità.
“E’  una organizzazione mafiosa, usa il metodo mafioso”, ha spiegato il procuratore, sottolineando che Mafia Capitale ha elaborato “equilibri e sinergie”.
Sono emersi appalti per decine di milioni di euro a società collegate a Carminati: “In cambio di appalti a imprese amiche venivano pagate tangenti fino a 15mila euro al mese per anni. Ma anche centinaia di migliaia di euro in un solo colpo”, ha spiegato il pm Michele Prestipino. “Con questa operazione abbiamo risposto alla domanda se la mafia è a Roma. La risposta è che a Roma la mafia c’è” prosegue Pignatone, secondo cui “non c’è una unica organizzazione mafiosa” capace di controllare l’intero territorio.
“Quella di cui stiamo parlando dimostra originarietà e originalità, proprio perché nasce nella capitale e dimostra che le mafie sono cambiate, non ricorrono alla violenza e al controllo del territorio se non è necessario per creare assoggettamento”, spiega il procuratore, sottolineando che “alcuni uomini vicini all’ex sindaco Alemanno sono componenti a pieno titolo dell’organizzazione mafiosa e protagonisti di episodi di corruzione”.
“Con la nuova amministrazione il rapporto è cambiato ma Carminati e Buzzi erano tranquilli chiunque vincesse le elezioni”, precisa il procuratore riferendosi a Salvatore Buzzi, della cooperativa 29 giugno, appartenente all’universo Legacoop.

Sistema mafioso consolidato

Un sistema ramificato di convivenza tra politica e malavita che attraverso i legami storici con esponenti dell’estrema destra romana, divenuti esponenti politici o manager pubblici, “il sodalizio si è gradualmente dimensionato in un’organizzazione di tipo evoluto, dedita alla sistematica infiltrazione del tessuto economico ed istituzionale, con una struttura tipicamente mafiosa ed un apparato in grado di gestire i diversificati interessi illeciti”.
Inoltre, in base alle indagini, si sono creati anche i rapporti con esponenti di altre organizzazioni criminali presenti nella capitale come il clan di Casamonica e quello catanese del Santapaola.
L’indagine condotta con il massimo di serietà avrà sicuramente nuove risvolti e ripercussioni che potrebbero allagarsi anche alle istituzioni parlamentari. Secondo le indiscrezioni nelle intercettazioni, Caminati si è riferito anche a 4 milioni di euro “per pagare tutti anche in parlamento”.

Articolo 41 bis

“Di solito quando parliamo di mafia abbiamo sempre dei modelli in mente quello di Cosa Nostra siciliana su cui peraltro è stato strutturato originariamente l’articolo 416 bis”, ha poi spiegato il procuratore in conferenza stampa, ricordando che “pensiamo sempre a gruppi numerosi con centinaia o migliaia di associati. Controllo quasi militare del territorio, uso continuo e manifesto della violenza, prevalenza degli affari illeciti su quelli leciti”.

“In realtà questa rappresentazione va cambiata anche per le mafie tradizionali che si sono evolute. Quello che però a noi interessa è il 416 bis, il quale prevede un numero minimo di associati, non prevede come requisito indispensabile il controllo del territorio, ma prevede come elemento costitutivo del reato il metodo mafioso. Come dice la Cassazione – prosegue Pignatone – e come è fondamentale riuscire capire, la forza di l’intimidazione può esplicarsi con mezzi e con i modi più vari, anche senza armi, sempre che sia trasmessa all’esterno la sensazione o se si vuole la persuasione dell’ineluttabilità del male o dei mali che vengono di volta in volta minacciati nel momento in cui la carica di pressione comincia a farsi sentire i suoi effetti”.

C.D.