L’economista Fitoussi demolisce il piano Juncker e il Jobs Act

Jean-Paul Fitoussi (JEAN-PIERRE MULLER/AFP/Getty Images)
Jean-Paul Fitoussi (JEAN-PIERRE MULLER/AFP/Getty Images)

Il piano di investimenti europei di Juncker? “Fumoso e totalmente insufficiente”. Il Jobs Act del governo Renzi? Renderà “più tesi, meno stabili e soprattutto peggio pagati i rapporti di lavoro”. A parlare con tanta franchezza e durezza è il noto economista francese Jean-Paul Fitoussi, intervistato dal quotidiano Repubblica.

La critica al Jobs Act da parte Fitoussi riguarda il cambiamento di rapporti di forza tra datori di lavoro e lavoratori, a svantaggio di questi ultimi. Secondo l’economista francese, “con il pretesto della flessibilità” il Jobs Act “pare voglia dire solamente libertà di licenziare e di pagare meno gli operai“. Tutto questo “non farà altro che rendere più tesi, meno stabili e soprattutto peggio pagati i rapporti di lavoro“, avverte. “Cambiano del tutto i rapporti di forza all’interno delle imprese, e non certo a favore dei lavoratori“, sottolinea Fitoussi. “Con un tasso di disoccupazione così alto (l’ultima rilevazione Istat è al 13,2%, ndr), quindi con questa superofferta di lavoro, l’effetto depressivo sui salari è sicuro“, afferma l’economista, che aggiunge: “Se questo significa fare le riforme strutturali, è meglio non farle”. Per come la riforma del lavoro è stata congegnata dal governo sono comprensibili, anche se non giustificabili, gli scontri di piazza, secondo l’economista francese: “Provvedimenti come questo Jobs Act, parliamoci con altrettanta chiarezza, sembrano fatti apposta per esasperare gli animi”.

Fitoussi delinea poi uno scenario “inquietante” sulla crisi in Italia: “Per i singoli cittadini italiani le esperienze negative sono molto peggiori di quelle dei cittadini degli altri Paesi” europei. Questo perché “l’Italia è il Paese che più ha da perdere in questa crisi economica, perché di fatto è quello sottoposto alla più forte pressione fiscale sulle persone, che comprime i consumi, in cui le aziende hanno i maggiori vincoli in termini sia di flessibilità che di costi del lavoro, e anche lo Stato che soffre di più della carenza di produttività e di competitività. Per tutti questi motivi – aggiunge – è il Paese che più disperatamente ha bisogno di una politica di investimenti, di aiuti e di solidarietà europea. Proprio quello che manca”, invece. Fitoussi parla di “fattore psicologico” per l’Italia: “E’ come se non ci fosse nessuna fiducia nel futuro, nel riscatto, nel ritorno alla crescita“. Questa sfiducia in buona parte è spiegata “con il ridottissimo potere d’acquisto degli italiani”, dovuto alla forte pressione fiscale, Una circostanza che, secondo l’economista, rappresenta “un paradosso, perché in Italia la ricchezza non manca”, almeno quella patrimoniale: “La maggior parte degli italiani possiede la propria casa, per esempio”, osserva Fitoussi. “C’è più ricchezza accumulata e nascosta, come dire inespressa, che in Germania. Ma meno reddito”, spiega. Tuttavia, “la sofferenza sociale in Italia non ha uguali in Europa“, secondo Fitoussi “neanche in Grecia dove pure sotto le ‘cure’ della Troika la sanità pubblica, tanto per fare un esempio, è crollata, tanto da provocare un incremento del 45% della mortalità infantile rispetto all’inizio della crisi”, precisa Fitoussi.

Il Piano di investimenti di Juncker

Riguardo al piano di investimenti del Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker da 315 miliardi, di cui però effettivamente stanziati sono solo 21 miliardi, Fitoussi è sferzante: “Piano Juncker? Quale piano? Si parlava di 300 miliardi di euro, poi è uscito fuori che l’Unione Europea non ne metterà più di 20, traendoli per lo più in massima parte dai fondi strutturali che già esistevano, e fidandosi per arrivare alla somma promessa sue due variabili imponderabili: la ‘leva’ (finanziaria, ndr) che dovrebbe attrarre chissà come investimenti privati da affiancare ai soldi pubblici in una misura del tutto irrealistica, addirittura uno a quindici, e i contributi aggiuntivi che dovrebbe garantire la Banca Europea degli Investimenti”. L’economista francese oltre a criticare la previsione irrealistica che i soldi stanziati dall’Unione europea, per altro già previsti, si moltiplichino per 15 volte grazie agli investimenti privati, evidenzia come la Bei, Banca europea degli investimenti sia “molto renitente nel buttarsi nell’iniziativa, perché teme che movimentando troppo denaro, insomma rivolgendosi al mercato oltre misura, perda la tripla A di cui gode sui propri titoli obbligazionari, quindi debba alzare i tassi e infine incontrare problemi di collocamento”. “Questo piano è del tutto fumoso e totalmente insufficiente. Doveva rappresentare il cambio di rotta dell’Europa e invece non rappresenta un bel niente“, è la pesante critica di Fitoussi.

Insomma, per l’economista francese è tempo ormai di passare dall’austerity imposta all’Europa dai tedeschi ad una politica economica espansionistica. “Ormai è un dovere per l’Europa acconsentire a un volume di investimenti più ampio e aprire la strada all’alleggerimento fiscale”, si tratta di “misure ormai indifferibili”, afferma Fitoussi, che invita l’Europa a “rivedere i trattati a partire dal Fiscal compact, correggere i vincoli del 3% (del rapporto deficit/Pil, ndr) o simili che sono del tutto assurdi“. “L’austerity provoca solo l’aggravarsi della recessione“, avverte l’economista francese, sottolineando che la politica economica del rigore “può andar bene in momenti buoni per l’economia, non quando si sta attraversando la crisi più grave da un secolo a questa parte”. “E’ tempo che i governi italiano, francese, spagnolo e tutti gli altri di buon senso, si ribellino con decisione all’imposizione tedesca del rigore”, sollecita Fitoussi. “Altrimenti il disagio crescerà continuamente, e con esso le forze politiche antieuropee, finché l’intera costruzione continentale finirà col crollare”, è l’allarme che lancia l’economista francese.

Jean-Paul Fitoussi è professore di economia internazionale all’Università Luiss di Roma.

V.B.