
Raffaele Cantone a capo dell’Autorità nazionale dell’Anticorruzione ha commentato gli sviluppi emersi dall’indagine “Mondo di Mezzo” sottolineando che “grazie al Procuratore Pignatone finalmente abbiamo scoperto che a Roma c’è una mafia autoctona, locale, pericolosa. Che fa della corruzione la sua arma privilegiata”.
Un’organizzazione di stampo mafiosa “che ha messo radici nei palazzi capitolini. Mafia capitale è una metastasi che ha scavato a fondo nel corpo vivo di questa città, che ha lacerato il suo tessuto economico, politico e istituzionale”, ha spiegato Cantone, aggiungendo che “con questa inchiesta, la Procura di Roma ha cambiato la prospettiva alla lotta alla mafia”.
Il caso di “Mafia Capitale” in realtà non fa altro che riconfermare come nel bel paese vi sia una consolidata convivenza tra associazioni di stampo mafioso, istituzioni e tessuto produttivo che lucrano su appalti e fanno pressioni sulle nomine, come nel caso della Campania, per la gestione dei rifiuti.
Un modus operandi che connota anche altre vicende come Expo 2015 e il Mose di Venezia: il regno delle tangenti in cambio di favori per cui è stato messo a capo appunto Cantone.
Nuovi sistemi di infiltrazioni
Al quotidiano La Stampa, Cantone ha poi risposto ad altre domande come ad esempio sulla richiesta avanzata dal Movimento Cinque Stelle di sciogliere la Giunta del Comune di Roma: “Lo scioglimento del comune di Roma per mafia? Sarebbe possibile solo se emergesse che l’inquinamento e il condizionamento al centro dell’inchiesta sulla mafia nella Capitale sono attuali“, ha spiegato Cantone.
“Il ceto politico amministrativo dovrebbe rivendicare il rigore fondato sul rispetto delle regole e della legalità. E invece oggi la politica – è quanto emerge dagli atti della inchiesta – ha abdicato al suo ruolo”, prosegue Cantone che illustra il nuovo sistema di infiltrazioni mafiose che si sta delineando in questi ultimi anni.
“Non solo certi politici, potremmo dire ai tempi della Prima Repubblica ma anche dopo, ma anche le nuove mafie utilizzano la corruzione per raggiungere i propri obiettivi, sostituendola allo strumento proprio dell’associazione mafiosa, l’intimidazione classica”, ricorda il garante dell’Autorità nazionale dell’Anticorruzione.
Per quanto riguarda le indagini, per Cantone è necessario “aspettare le pronunce dei giudici, ma se dovesse essere confermata l’impostazione del procuratore Pignatone, la corruzione ha in qualche modo snaturato la stessa fattispecie dell’associazione mafiosa, che si fonda appunto sulla intimidazione e sulla violenza”.
Libro degli stipendi
“Quello che sembra emergere tra le pieghe dell’inchiesta della procura di Roma è infatti una rete di persone al servizio del malaffare stipendiati a prescindere dalla prestazione che garantiscono alla organizzazione. Il denaro non ha odore o colore. Per l’ennesima volta i politici si accontentano delle briciole, sono stipendiati. Assolvono ad un ruolo di gregari”, ha poi concluso Cantone, riferendosi al “libro nero” di Salvatore Buzzi, registro unico della contabilità illecita della “mafia capitale”.
Il registro riportava nomi e cognomi dei politici “stipendiati” tra i quali figuravano “Panzironi: 15.000 euro al mese; Pucci: 5.000 al mese; Odevaine: 5.000 al mese; Patanè 10.000 euro una tantum. E poi, Alemanno: 75.000 euro in cene elettorali. Gramazio: 4 persone da sistemare”.
Intreccio criminalità e politica
Fulcro della vicenda risulta essere l’intreccio tra criminalità e politica ovvero per Cantone si tratta delle “capacità di questo organismo, di questo sistema di potere che la procura di Roma ha definito come mafioso, di interfacciarsi con tutti i mondi”.
Un “interfacciarsi con il mondo della burocrazia, con il mondo della politica in modo trasversale, avere referenti capaci di risolvere i problemi. Credo che sia un sistema emblematico del modo di fare oggi della corruzione: prescinde dal compimento degli atti e che porta i soggetti ad essere inglobati in meccanismi di tipo lobbistico”, ha aggiunto Cantone, affermando che “ho bisogno di risolvere il problema e ho già il soggetto sostanzialmente a disposizione”.
“Questa indagine mette in evidenza da un lato i nuovi caratteri della corruzione, che sono slegati dagli atti e sono veri e proprio soggetti che vengono inseriti nelle strutture criminali, dall’altro i legami tra corruzione e criminalità organizzata”, ha infine sostenuto Cantone.
Comune di Roma e i finaziamenti alle cooperative
Anche l’ex assessore alla cultura della giunta Alemanno, Umberto Croppi ha parlato del caso partendo dalla fotografia emblematica che ritrae il ministro del lavoro Giuliano Poletti, quando era ancora presidente di Legacoop nazionale, in compagnia con alcuni politici coinvolti nell’indagine “Mafia Capitale” e per cui lo stesso Roberto Saviano ha chiesto chiarimenti.
“Nella cena rappresentata nella foto con Poletti si sta festeggiando un meccanismo inventato perché il Comune non aveva più i soldi per pagare le cooperative- ha sottolineato Croppi. Il Comune di Roma si è inventato in maniera bipartisan un meccanismo secondo me illegittimo per cui le cooperative vengono pagate ancora oggi con un’anticipazione bancaria garantita dal Comune, con il sistema del cosiddetto pro soluto, che non è ammesso dalla contabilità della pubblica amministrazione”.
“Siccome si inventarono questo trucco illegittimo, si ritrovarono a festeggiare insieme a questa che è la più grande cooperativa di Roma, e per questo c’è Poletti che allora era investito di quel ruolo”, ha denunciato Croppi, questa mattina ad Agorà, su Rai Tre.
C.D.