Mondo di Mezzo: il giro di affari e le fotografie compromettenti

Campidoglio, Roma (Filippo Monteforte/Afp/ Getty images)
Campidoglio, Roma (Filippo Monteforte/Afp/ Getty images)

L’indagine “Mondo di Mezzo”, condotta dalla Procura di Roma, riguardante un’organizzazione di stampo mafiosa tra criminalità organizzata e ambienti politici, che ha portato all’arresto 39 persone e ad un centinaio di indagati tra i quali numerosi politici bipartisan, ha scosso l’opinione pubblica, i piani alti del potere, provocando un fiume in piena di polemiche accompagnate da una risonanza mediatica senza pari che ha contribuito a mettere in evidenza numerose indiscrezioni riguardo alle persone implicate e allo sfondo nel quale si muoveva il sistema.

Mafia Capitale

L’organizzazione era guidata dall’ex Nar di estrema destra Massimo Carminati detto anche “Er Cecato”, sostenuto da Salvatore Buzzi, un attivista di estrema sinistra che ha scontato una pena di 24 anni in carcere per omicidio e che una volta uscito dal penitenziario ha sfruttato il “Terzo settore”- quello del volontariato per intenderci- con il quale aveva messo in piedi una serie di cooperative che prendevano finanziamenti pubblici spaziando dal settore immigrazione che quello del reintegro degli ex detenuti.
In tutto ciò è spuntato anche il nome del cosiddetto “boss dei boss”, alias Giovanni De Carlo, detto “Giovannone”, che sarebbe stato socio in affari di Carminati e che è stato arrestato ieri sera allo scalo dell’aeroporto romano di Fiumicino.
L’organizzazione aveva un fatturato di oltre duecento milioni di euro solo per quanto riguarda la capitale, escluse le commesse che hanno riguardato la Regione Lazio.
Dal libro dei registri dell’associazione mafiosa, vi erano stipendi a politici e amministratori, ma anche risultano tangenti, affitti di case e “altre utilità”, come viaggi e affitti pagati e assunzioni.

Fotografie compromettenti

Sulla vicenda e il coinvolgimento dei politici negli intrecci con la malavita sono spuntate numerose foto compromettenti come quella evidenziata da Roberto Saviano che ritraeva l’attuale ministro del lavoro Giuliano Polletti, all’epoca presidente di Lega Coop Nazionale, ad una cena organizzata dalla cooperativa Giugno 29 di Buzzi, alla quale erano presenti numerosi politici indagati ma anche un’esponente del clan Casamonica.
Tra le altre foto oggi il Fatto Quotidiano riferisce di una fotografia che ritrae il sindaco di Roma, Ignazio Marino con Buzzi che, sottolinea il primo cittadino,  è stata “scattata durante una visita in campagna elettorale”.
“Mai avuto conversazioni con lui. Addirittura dalle indagini quello che è emerso è che volevano farmi cadere”, ha commentato Marino ieri sera, ospite di Otto e Mezzo.
Tuttavia, il quotidiano sottolinea che una foto pubblicata dal sito della Cooperativa 29 giugno smentirebbe il Sindaco che però ribadisce sul suo profilo Facebook: “Come ho già spiegato in altre occasioni, e ripetuto ieri durante la trasmissione Otto e mezzo, ho visitato la cooperativa 29 giugno per il reinserimento sociale, durante la campagna elettorale. Le foto che girano anche con Buzzi sono state scattate in quell’occasione. In quella visita ho incontrato anche tante donne e uomini che lavorano per quella coop e che oggi scoprono la verità, come tutti noi, sul loro responsabile. Con lui non ho avuto conversazioni di lavoro né quel giorno né mai. È incredibile che mentre escono intercettazioni della mafia in cui si parla di farmi fuori si cerchi di alzare un polverone su una visita pubblica – e relativa foto – fatta alla luce del sole”.

Caso fotografia Marino

Se da una parte ad attaccare Marino entra in gioco l’ex candidato alle Comunali, Alfio Marchini  secondo il quale il Primo cittadino “dovrebbe dimettersi e ricandidarsi”, a sostegno del Sindaco giunge una nota di Francesco Giro senatore Fi e vice coordinatore FI Lazio, sottolineando che “la fotografia che ritrae il sindaco Marino con il presidente della cooperativa 29 giugno Buzzi e il vicesindaco Nieri non dimostra un bel nulla e anzi conferma l’estraneità del sindaco da tutto e da tutti. È di tutta evidenza che la foto si riferisce ad un incontro di cortesia per presentare al nuovo sindaco le attività della cooperativa ben nota al comune di Roma e assai prima della stagione Alemanno. Ciò che conta è ciò che è avvenuto dopo quella foto. E i fatti dimostrano che Marino con quella gente li non ha spartito nulla. La stessa cosa non si può dire del Pd e i rapporti fra Marino e il suo partito sono una seconda prova che il sindaco esce da questa vicenda a testa alta”.

Buzzi a cena del Pd?

Dal Fattoquotidiano nuove rivelazioni riguardante una cena romana di autofinanziamento del Pd del 7 novembre scorso ala quale avrebbe preso parte anche Buzzi.
Dal canto suo, Matteo Renzi a Bersaglio Mobile in onda su La7 ieri sera ha commentato che “non ne ho la più pallida idea”, precisando che vi sarebbe un elenco con gli ospiti paganti al Palazzo delle Fontane dell’Eur, che sarebbe custodito dal tesoriere del partito, Francesco Bonifazi.
Ma né il presidente del pd Matteo Orfini, né il tesoriere confermano la presenza di Buzzi.
Dal canto suo Orfini ha replicato: “Non mi faccia queste domande. Chiedete a Bonifazi, non a me. È lui il tesoriere e ha gli elenchi. Io mi sto occupando di rinnovare il Pd romano”.

Istituzioni

Sul tema sono intervenuti anche i presidenti di Camera e Senato.
Nel suo messaggio alla giornata del Volontariato, il presidente della Camera Laura Boldrini ha parlato di “notizie sconvolgenti”, sottolineando che provocano un “impatto devastante” sull’opinione pubblica che lasica sottintendere che la vita collettiva sia solo “affarismo, corruzione e speculazione”. La Boldrini ha però tenuto a specificare che “non è così.

Se da una parte il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi è del parere che sia necessario lo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose, contraria la posizione del presidente del Senato Pietro Grasso che afferma che “il Comune di Roma è assolutamente al di fuori di queste tematiche, soltanto alcuni sono coinvolti. Per sciogliere un Comune ci vuole ben altro”.
Nella vicenda, per Grasso: “Ci sono tutti i presupposti per l’aggregazione mafiosa. Ormai, il fine di far profitto ad ogni costo ha superato qualsiasi rito tradizionale di iniziazione della mafia”.

C.D.