
L’inchiesta sui 43 studenti uccisi dai narcotrafficanti nello Stato di Guerrero in Messico è giunta al primo riscontro concreto. Sono stati identificati i resti di una delle vittime Alexander Mora Venancio. Lo scrive El Universal, uno dei principali quotidiani del Paese citando fonti ufficiali del governo messicano che non commenta. I ragazzi, scomparsi lo scorso 26 settembre, furono uccisi e gettati in una discarica dopo essere stati resi irriconoscibili.
Il padre della vittima è stato informato dai periti argentini che seguono il caso. Secondo le autorità federali, gli studenti sarebbero stati rapiti su iniziativa dell’ex sindaco di Iguala, José Luis Abarca, e di sua moglie, Maria de Los Angeles Pineda, sorella di tre trafficanti di droga molto noti e influenti nello stato.
La coppia, latitante per un breve periodo e in seguito arrestata, secondo gli inquirenti temeva che l’arrivo in città degli studenti disturbasse un evento pubblico promosso dallo stesso Pineda. Dal racconto di tre appartenenti al commando di narcotrafficanti responsabile dell’eccidio emerge che la polizia ha ucciso alcuni degli studenti e consegnato ai narcotrafficanti gli altri. I tre hanno mostrato agli inquirenti alcuni resti umani carbonizzati lungo un fiume vicino al luogo dove furono visti l’ultima volta.. Quelli di Alexander Mora sono stati invece rinvenuti in una discarica a Cocula. Dopo la scomparsa degli studenti il Messico è insorto con manifestazioni ovunque per chiedere la verità sul destino dei ragazzi e la punizione dei responsabili. Le proteste hanno puntato il dito contro il connubio tra narcotraffico e politica e contro lo stesso presidente del Messico Enrique Peña Nieto per la lunga assenza di notizie ufficiali e l’intempestività dell’indagine. Il governo federale è apparso seriamente in crisi. Peña Nieto ha varato delle riforme che prevedono la sostituzione di 2 mila agenti municipali con agenti statali.
ADB