Mafia Capitale, una vicenda che ha riempito le prime pagine dei quotidiani e che da oltre una settimana tiene con il fiato sospeso l’opinione pubblica e occupa i talkshow televisivi. L’inchiesta “Mondo di mezzo”, condotta dalla Procura di Roma, ha scoperchiato un sistema di stampo mafioso che lucrava con l’assegnazione degli appalti. Se da una parte Giuliano Ferrara parla di una “Corleone dei cravattari”, sminuendo l’ampiezza del caso, sottolineando che ci sono ben altre vicende più importanti e che il caso romano più che un caso di mafia è una storia di coltello, di malavita strettamente connessa alla realtà romana, dall’altra, il sindaco Ignazio Marino, scartando l’ipotesi dimissioni e scioglimento della giunta, dopo un incontro con il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, ha fatto sapere che l’amministrazione comunale collaborerà con gli ispettori in modo che siano studiati tutti i documenti relativi agli appalti con l’obiettivo di scoperchiare elementi utili alle indagini.
Pertanto, una Commissione d’indagine sarà nominata dal prefetto e composta da tre funzionari della pubblica amministrazione, supportati da un nucleo di esperti appartenenti alle forze di polizia. Secondo quanto ha riferito il Ministero dell’Interno, la Commissione accederà agli atti del Comune “per verificarne eventuali possibili forme di infiltrazione o di condizionamento, di tipo mafioso o similare, tali da compromettere il regolare svolgimento dei servizi ovvero il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione comunale”.
Le indagini dureranno 3 mesi, dopo i quali, il prefetto dovrà presentare una relazione al ministro dell’Interno.
Nel frattempo, il premier Matteo Renzi ha annunciato in un video messaggio nuove misure per combattere la corruzione che saranno al vaglio del prossimo Consiglio dei Ministri, giovedì 11 dicembre.
Carminati e la Banda della Magliana
Una realtà che si ricollegava alla politica attraverso la criminalità romana che in alcuni casi si avvaleva anche di contatti con altre organizzazioni, come quella dei Casamonica, ma anche Cosa Nostra. A capo dell’organizzazione, vi erano due figure di spicco: Salvatore Buzzi che dopo aver scontato in carcere una condanna per omicidio, si ricicla nel terzo settore, creando una cooperativa che si occupava del reintegro degli ex detenuti, e Massimo Carminati, ex Nar dell’estrema destra, che gestiva le fila dei contatti.
Su quest’ultimo però ci sono dei racconti discordanti, come racconta una ex membro della Banda della Magliana, Antonio Mancini, che lo conosceva fin dagli anni Settanti e che lo ricorda come una persona riservata ed educata.
In un’intervista al Fatto Quotidiano, Mancini appare sorpreso di vedere questo radicale cambiamento in Carminati, pure sottolineando che “per stare nel mondo di mezzo devi mantenere certi atteggiamenti, devi plasmarti a seconda di con chi parli”.
Tra le indiscrezioni sui precedenti di Carminati, Mancini ricorda che si era conquistato il rispetto ed era considerato da tutti: “Mi raccontavano di un suo omicidio a un tabaccaio su ordine di Giuseppucci. Poi un’altra volta De Pedis mi disse che era stato sempre Carminati a far parte del commando che ha ammazzato Pecorelli”.
Dopo la morte di De Predis
“E’ stato bravo a riempire il vuoto lasciato da Renatino De Pedis dopo la sua morte”, commenta Mancini che ricorda il legame di amicizia “fraterna” con De Pedis: “Se Renatino non fosse stato ucciso, oggi starebbe in Parlamento, minimo sottosegretario. Lui è morto incensurato. Eppure ha ammazzato la gente con me, ha rapinato con me, è stato dentro, ma è riuscito a farsi ripulire tutto”.
Secondo Mancini la distinzione tra la Banda della Magliana e l’attuale organizzazione a cui era a capo Carminati, consiste nel fatto che quest’ultimo aveva impostato un sistema “dalle sembianze mafiose, esattamente quelle che gli inquirenti hanno scoperto ora. Noi della Magliana eravamo dei banditi da strada, amavamo le rapine, senza guardarci le spalle, senza compromessi”. Un’organizzazione che negli anni ha guadagnato potere tanto che per Mancini, “Carminati esce prima di quanto potete immaginare, altrimenti dovrebbero incarcerare mezzo mondo”.
Tra gli altri aneddoti, Mancini ricorda che De Pedis era “innamorato” di Carminati, “si fidava in tutto. Ma non solo Renato, anche gli altri boss lo adoravano nonostante fosse un ragazzetto”.
I Testaccini scaricano la Banda della Magliana
Mancini esprime qualche dubbio sul giro di affari incentrato sugli immigrati, commentando l’intercettazione in cui Buzzi sostenne “noi famo i soldi con gli immigrati, sono meglio della droga”: “Non ci credo, non è possibile. È una questione di bacino d’utenza, con la droga fai numeri più alti, dodici poveri negri e qualche campo rom non può pareggiare l’utilizzo degli stupefacenti. La droga e le armi ti fanno comandare una piazza, e lì fai la differenza”.
Una cosa è certa per Macini: “Noi eravamo il terzo mondo di Carminati, quello in basso; mentre oggi quello di mezzo, e quello sopra, si utilizzano a vicenda, per questo dico che Carminati ne uscirà pulito: il mondo di sopra si salverà, e porterà con sé il mondo di mezzo e ucciderà il mondo di sotto”.
Nello sfondo dei legami della Banda della Magliana, Mancini parla del gruppo dei “testaccini” ovvero del gruppo che prende nome dal quartiere del Testaccio a Roma che sarebbe stato poi guidato da Carminati che riusciva non solo a rapportarsi con la politica ma anche a penetrare i servizi segreti: “Sì, i testaccini avevano questi rapporti, avevano in mano tutte le costellazioni legate alla parte pulita, o presunta pulita, della società”. Secondo Mancini, la banda della Magliana fu poi scaricata, perché divenne un peso per Carminati.
C.D.