
L’ha detto proprio lui, quel Mario Monti che all’inizio del 2012 firmò il contestato trattato europeo sul Fiscal Compact, quello che introduceva il pareggio di bilancio obbligatorio per tutti i Paesi europei, obbligandoli in tempi di recessione ad un pesante taglio del deficit. In un’intervista rilasciata al quotidiano Repubblica, Monti ha detto: “In una comunità come la Ue o l’eurozona occorrono regole fatte rispettare dai più forti così come dai più deboli. Ma serve che le regole siano adeguate, abbiano un fondamento saldo e se ne possa imporre il rispetto a testa alta: senza contraddizioni con le esigenze dell’economia“. “In Europa – ha proseguito Monti – ci piace pensare che le regole siano nel complesso rispettate, ma non credo si possa parlare di rispetto quando ci sono Paesi che anno dopo anno chiedono rinvii nel rispettare gli obiettivi e li ottengono senza difficoltà. Penso, quanto al Patto di stabilità, alla Francia e alla Germania nel 2003 e, negli ultimi anni, alla Spagna, di nuovo alla Francia, al Belgio. O ancora alla Germania oggi per i limiti agli squilibri macroeconomici eccessivi. E a tanti altri casi”.
Secondo Monti, per poter uscire da questa situazione di reiterato mancato rispetto delle regole, che mina la credibilità dell’Unione europea, occorre introdurre delle modifiche: “Basta migliorare alcune regole, in particolare considerando gli investimenti pubblici in modo più favorevole, sia pure a certe condizioni”, è la proposta del senatore a vita ed ex presidente del Consiglio. La critica di Monti all’Europa è quella di avere avuto finora “politiche troppo orientate al breve termine”. Invece, andrebbero rivalutati gli investimenti pubblici, senza conteggiarli nel deficit e nel debito. Anche se “finanziati in debito”, secondo Monti gli investimenti andrebbero considerati per la loro capacità “di generare crescita” e quindi a loro volta di “fare fronte agli oneri del debito”. L’ex premier ha anche citato l’ex governatore della Banca d’Italia Paolo Baffi, secondo il quale “è quando lo Stato si indebita per fare spesa corrente, non validi investimenti, che tradisce l’intenzione di risparmio delle famiglie”. Tuttavia, Monti ha riconosciuto un cambiamento di vedute su questo aspetto da parte dell’Unione europea: “Finalmente si sta iniziando a guardare agli investimenti, non solo privati ma anche pubblici, come ponte fra il presente e il futuro”. Il pensiero non può che andare al piano di investimenti proposto dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker per il quale è stato previsto che i contributi volontari dei singoli Stati non vengano calcolati nel deficit né nel debito del singolo Paese contributore. In questo modo si riconosce che non si tratta di mero debito. “Del piano del nuovo presidente della Commissione si può pensare ciò che si vuole – ha detto Monti – , ma ad oggi è il maggior segnale politico di questo cambio culturale. Juncker stesso ha detto che i contributi dei Paesi al Fondo per gli investimenti non rientreranno nel disavanzo”.
Riguardo al trattato sul Fiscal Compact, Monti ha dichiarato che “ci sono già stati cambiamenti, e non si vede perché sarebbe impossibile farlo ancora. Ma potrebbe anche bastare un intervento sulla legislazione secondaria”, ha precisato. Ad ogni modo, per l’ex premier è “importante è uscire dalla situazione in cui si deve ricorrere alla flessibilità, perché le regole non sono veramente difendibili. Sulla questione, Monti ha precisato che “nell’Europa del Nord la richiesta di flessibilità, quando viene da Paesi che non hanno fama di essere troppo dediti al rispetto delle regole (come quelli del Sud, ndr), è vista come volontà sottrarsi alle regole”. “Un conto è la discrezionalità, ragionata e motivata, di politiche economiche decise in comune – ha spiegato -. Un altro è quella che sembra riservata a singoli Paesi, di solito i più grandi. Di qui la reazione dura dei Paesi piccoli, il Portogallo ad esempio, che non hanno goduto della stessa flessibilità. Se vogliamo un arbitro rispettato, e che perciò può imporre l’osservanza delle regole anche ai più forti – come ad esempio è avvenuto spesso nei confronti della Germania in materia di concorrenza – non abbiamo interesse a dare quotidiani colpi di maglio alla Commissione, spesso per puri fini demagogici interni”, ha spiegato Monti. “Soprattutto non ne ha l’interesse un Paese come l’Italia, grande ma non molto forte”, ha sottolineato. “Penso insomma che abbia torto il Sud Europa quando vive le regole come un fastidio legalistico-notarile. Così come ha torto il Nord Europa a non vedere le fondate esigenze di crescita dei Paesi del Sud“, ha detto l’ex premier.
“Per ricreare fiducia è importante che si faccia un discorso di verità a livello europeo e nei Singoli stati membri. Certo che va bandita la tradizione italiana di un tempo, quando si contabilizzavano le coperture di perdite di imprese come investimenti”, ha concluso Mario Monti.
V.B.