
Si avvia verso la conclusione il processo di primo grado per la morte di Alberto Musy, il consigliere comunale torinese dell’Udc ferito sotto la sua abitazione il 21 marzo 2012, e morto dopo diciannove mesi di coma, la notte del 22 ottobre 2013. Per quell’omicidio, unico imputato è Francesco Furchì, sotto processo per omicidio volontario pluriaggravato. Per lui, il pm Roberto Furlan ha chiesto l’ergastolo, con sei mesi di isolamento diurno, sostenendo in Aula l’accusa che vi siano “collegamenti con la criminalità organizzata per la provenienza della pistola”.
Dopo un lungo e delicato intervento chirurgico all’ospedale Molinette, Musy si trovava in stato di coma irreversibile, ricoverato in una clinica di lungodegenza a Santena, nel Torinese. Il consigliere comunale si era candidato a sindaco del capoluogo piemontese con il Terzo Polo. Secondo gli investigatori, il suo presunto assassino, arrestato a fine gennaio 2013, gli avrebbe sparato a causa di rancori personali. Nel momento in cui venne arrestato, Furchì si proclamò innocente e subito dopo l’interrogatorio è rimasto nel silenzio più totale.
Furchì, 50 anni al momento dell’arresto, è nato a Ricadi, in provincia di Vibo Valentia, è presidente dell’Associazione culturale Magna Grecia Millenium ed era candidato nella lista Alleanza per Torino, che alle ultime elezioni comunali sosteneva la candidatura a sindaco di Musy. La morte del consigliere comunale giunse improvvisa: i bollettini medici, infatti, nelle settimane e nei mesi a seguire avevano sempre presentato un quadro clinico in miglioramento.
GM