
Confindustria prova a dare una ventata di ottimismo, a fronte di dati economici per il 2014 che sono ancora molto preoccupanti: secondo l’associazione degli industriali il nostro Paese sarebbe ” in uscita dalla recessione”, come rilevato dall’ultimo rapporto del suo Centro Studi. Il 2015-2016, secondo le stime degli autori dell’indagine, sarà “un biennio di graduale recupero per l’Italia” in un “contesto enigmatico. Lo scenario economico globale si presenta nettamente migliore rispetto a 3 mesi fa. L’incertezza rimane il principale ostacolo”.
A non intravedere segni di miglioramento sarebbe però la disoccupazione, che, secondo il Csc, affligge “8 milioni e 600 mila le persone a cui, in un modo o nell’altro, manca lavoro”. Durante il prossimo anno il problema “rimarrà ancorato sugli alti livelli di fine 2014 (crescendo, anzi, dal 12,7% al 12,9%,ndr), mentre scenderà progressivamente nel 2016, di pari passo con la ripresa dell’occupazione, registrando un 12,6% in media d’anno (12,4% nel quarto trimestre)”, ha precisato il Rapporto, spiegando che nel 2014 il tasso di disoccupazione è stato del 14,2% “se si considera l’utilizzo massiccio della cig”
Il Pil dovrebbe tornare a crescere, dopo un fine 2014 caratterizzato da una decrescita dello 0,5%, recuperando un punto percentuale nel 2015 e registrando un +1,1% nel 2016. Come già emerso dal rapporto di Transparency, nel nostro Paese la corruzione rappresenta “un vero freno per il progresso economico e civile. Se con Mani Pulite l’Italia avesse ridotto la corruzione al livello della Francia (-1 punto), il Pil sarebbe stato nel 2014 di quasi 300 miliardi in più (circa 5mila euro a persona)” in questi 20 anni.
Se, infine, secondo molti il calo eccessivo del prezzo del petrolio potrebbe rappresentare un pericolo per l’economia mondiale, per l’Italia si prospetta “un guadagno di 14 miliardi annui” che andrà ad influire per un +0,3% sul Pil del 2015 e per +0,5% su quello del 2016″. In concreto, la discesa del costo della materia prima “comporta il trasferimento di oltre mille miliardi di euro di reddito annuale da un ridottissimo numero di produttori, con enormi ricchezze, ad un’ampia platea di consumatori e imprese nei paesi avanzati, con una più alta propensione alla spesa”.
Ap