
“Credo che sia estremamente importante venire a riferire in Commissione Antimafia. Abbiamo portato molti documenti che indicano con chiarezza che il malaffare, la presenza di infiltrazioni mafiose in Campidoglio si sono fermate al giugno 2013”, queste le parole pronunciate ieri dal sindaco di Roma, Ignazio Marino, prima di entrare in Commissione Parlamentare Antimafia, per essere audizionato riguardo ai fatti legati a Mafia Capitale. Il primo cittadino ha lanciato poi pesanti accuse all’amministrazione precedente: “Durante la precedente consiliatura la mafia aveva rapporti organici con figure apicali che ora sono agli arresti, mentre con questa amministrazione ci sono stati solo tentativi”.
Secondo Marino, “in queste settimane si è cercato di far passare Roma come una città preda della criminalità. Roma è fatta di persone perbene. Se ci sono state mele marce non significa che Roma sia una città malata”. Poi in audizione ha specificato che con la sua giunta “non avevamo dato fastidio solo singoli interessi privati che volevano arricchirsi. Avevamo a che fare con una cupola criminale con ramificazioni inquietanti. Stiamo di fronte ad una sfida culturale. La legalità deve essere un elemento cardine della nostra giunta”.
La presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi, peraltro collega di partito di Marino, non ci sta e incalza con le domande: “Perché non avete controllato le cooperative di Buzzi?”. Il sindaco ha cercato di glissare spiegando di non aver mai avuto rapporti con Salvatore Buzzi, “lo stesso Prefetto lo ha ricevuto, io no”, ma la Bindi non ci sta: “La domanda è una domanda serena perché questo settore è sfuggito in maniera così macroscopica?”. Ancora una volta, il primo cittadino prova a togliersi dall’imbarazzo: “Ogni volta che abbiamo avuto il sospetto che all’interno di un campo ci fossero situazione di illegalità siamo intervenuti”.
Botta e risposta
A questo punto, la presidente della Commissione Antimafia rileva: “Alla mia domanda lei non ha risposto”. Passa ancora qualche minuto e Marino torna a difendere la sua giunta, ma la Bindi constata: “La mafia si è insediata e ha fatto il salto di qualità con Alemanno ma è innegabile che ha avuto rapporti politici anche con la tua Giunta”. La replica del primo cittadino: “Ma nessuno della mia amministrazione è indagato per associazione mafiosa”. Controreplica piccata della Bindi: “Chi è indagato per corruzione in una inchiesta per mafia è comunque l’arma impropria che viene utilizzata”.
Quindi, in un’intervista al settimanale ‘L’Espresso’, la presidente della Commissione Antimafia attacca senza mezzi termini le cooperative: “È nel Dna delle cooperative il rapporto con la politica e la pubblica amministrazione. Per questo la vigilanza deve essere più serrata. Perché resti un settore sano servono nuovi strumenti di controllo”. Quindi sul sistema messo a punto da Carminati: “Le relazioni pericolose sono iniziate con Alemanno sindaco il salto di qualità dell’organizzazione, che ha una matrice nera, è avvenuto in quel momento”.
La Bindi dice di essere contraria a un commissariamento tout-court del Comune di Roma: “La Capitale potrebbe diventare il laboratorio per la modifica della normativa sullo scioglimento dei comuni. Si potrebbe pensare di affiancare al sindaco, che in questo caso non ha responsabilità penali, una task force con il compito di bonificare le zone d’ombra o compromesse”. Infine critica l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti: “Chi controlla se nelle cene di finanziamento siedono personaggi dagli interessi poco chiari?”.
Alfio Marchini alla carica
Di ieri intanto il nuovo duro affondo di Alfio Marchini, lo scorso anno candidato “civico” alla poltrona di sindaco di Roma e tra coloro che viene dato in pole-position qualora si andasse nuovamente alle urne per le amministrative: “Marino non ha argomenti politici per controbattere alle critiche e cerca goffamente di spostare il confronto sul piano personale. Alla Cutini, che lo accusa di averla voluta sostituire con Ozzimo, poi dimessosi perché indagato, non sa che cosa rispondere”.
“Con il sottoscritto, invece, adotta la tattica della fuga: evitando ogni confronto pubblico per il quale anche oggi gli rinnovo l’invito” – sottolinea ancora Marchini – “Certo caro Marino, egoisticamente sarebbe assai più gratificante coltivare la mia sana passione sportiva piuttosto che occuparmi del disastro assoluto che ha caratterizzato questi tuoi diciotto mesi di governo. Ma come ben sai io amo Roma”.
La difesa di Buzzi
Si è svolta, infine, l’udienza del tribunale del Riesame sui ricorsi presentati da 17 dei 39 arrestati nell’ambito dell’inchiesta sulla cosiddetta ‘Mafia Capitale’. In particolare i legali chiedono che venga revocata l’ordinanza di arresto in carcere e tolta l’aggravante della matrice mafiosa; tra coloro che hanno presentato ricorso, c’è anche uno dei personaggi chiave dell’inchiesta: il re delle coop romane, Salvatore Buzzi.
Prendendo parola davanti al collegio presieduto da Bruno Azzolini, Buzzi ha chiarito di aver ”incontrato per la prima volta Massimo Carminati nel 2012 quando è diventato dipendente della Coop 29 giugno” e di ”non aver commesso con lui alcun illecito”. Uno dei legali, Alessandro Diddi, sottolinea in una memoria difensiva: “Buzzi è un imprenditore che nel tempo ha saputo creare una struttura di cooperative di lavoro attraverso le quali non solo ha dato lavoro e speranza a tanti detenuti, ex detenuti ed a persone disagiate, ma ha anche creato tantissime occasioni di lavoro che non possono essere certamente considerate espressione di metodo mafioso o di attività illecita”.
Intanto, secondo quanto si legge in un’informativa dei Ros, vi sarebbe stato negli anni “un incremento esponenziale del fatturato delle società” legate alla Cooperativa 29 giugno, passata da undici appalti ricevuti negli anni della giunta Rutelli, per un valore totale di 500mila euro, ai 65 per un totale di più di 3,5 milioni di euro durante la giunta Veltroni, per arrivare agli oltre cento appalti per un valore di circa otto milioni di euro sotto la giunta di centrodestra guidata da Gianni Alemanno.
GM