Bce: acquisto di titoli di Stato a carico dei singoli Paesi

La nuova sede della Banca centrale europea a Francoforte (Thomas Lohnes/Getty Images)
La nuova sede della Banca centrale europea a Francoforte (Thomas Lohnes/Getty Images)

In vista dell’ormai sempre più prossima operazione di quantitative easing, ovvero l’acquisto massiccio di titoli di Stato del Paesi dell’Eurozona da parte della Banca centrale europea, l’istituto di Francoforte starebbe studiando una formula che non scontenti troppo i tedeschi. Si tratterebbe di trasferire i rischi dell’operazione su quegli stessi Paesi che più hanno bisogno dell’acquisto dei propri titoli di Stato e che più sono deboli. Lo scrive Il Sole24Ore citando alcune indiscrezioni che stanno circolando nelle ultime ore.

Con quali modalità avverrebbe questo spostamento del rischio? Attraverso la creazione di fondi per l’accantonamento di risorse che possano fronteggiare le eventuali perdite sui titoli di Stato acquistati dalla Bce, obbligando gli Stati stessi a creare tali fondi. Un’operazione che rischia tuttavia di vanificare il beneficio dell’acquisto dei titoli di Stato. Se un Paese fortemente indebitato e piegato dalla crisi ha bisogno di liquidità per finanziare la propria ripresa economica, come può mettere da parte denaro a garanzia di quei titoli di Stato che invece la Bce dovrebbe garantire? Rischia di diventare un’operazione insostenibile o nel migliore dei casi neutralizzare l’efficacia del quantitative easing.

Il fatto è che i tedeschi non ne vogliono proprio sapere di correre il rischio di dover pagare per i debiti altrui. Circostanza che in parte è anche giustificabile, così come in parte hanno ragione nel rimproverare i Paesi del Sud Europa a non aver fatto per tempo le riforme necessarie. Ma come la mettiamo con il fatto che in 18 Paesi europei c’è una moneta unica e che questa moneta è stata creata ad immagine e somiglianza del Marco tedesco, avvantaggiando enormemente l’economa della Germania, che si ostina a non spendere nel suo mercato interno e a puntare tutto sulle esportazioni, con un eccesso di surplus di bilancio che viola, anche questo, il Patto di Stabilità europeo? Le cose sono sempre più complesse di quanto sembrino e se la Germania di Angela Merkel recita la parte della maestra nei confronti degli altri Paesi europei, dall’altra non è poi così disciplinata come vorrebbe far credere.

I tedeschi non vogliono correre i rischi di un’operazione economico-finanziaria espansiva come quella del quantitative easing, sono fermi sulle istanze dell’austerity, che però sta trascinando l’Europa verso una nuova recessione e verso il rischio di una pericolosissima deflazione, che si ostinano a non voler vedere. Il governatore della Banca centrale tedesca, Bundesbank, Jens Weidmann è stato chiaro: no agli acquisti di titoli di Stato dei Paesi dell’Eurozona da parte della Bce. La preoccupazione principale del banchiere tedesco è che con l’aiuto della Banca centrale europea gli Stati si rilassino, non facciano le riforme loro richieste e si indebitino ancora di più, per poi scaricare le conseguenze sugli altri, Germania in testa. Una approccio di sfiducia totale, forse comprensibile ma che non aiuta a uscire dal tunnel, soprattutto quando la situazione finanziaria di molti Paesi dell’Eurozona peggiora più a causa della prolungata recessione che non per la mancanza di volontà di mettere ordine ai conti pubblici. Un circolo vizioso dal quale non sembra voglia trovarsi una via d’uscita. Weidmann pare poi sottovalutare il pericolo dell’inflazione troppo bassa, scesa a novembre allo 0,3% nell’Eurozona, ben al di sotto dell’obiettivo del 2% fissato dalla Bce. Un dato che i tedeschi sembrano ignorare del tutto, ma che è piuttosto rischioso, come ha ripetuto infinite volte il presidente della Bce Mario Draghi. Weidmann, invece, è tornato a ripetere che il Trattato europeo vieta la “mutualizzazione” dei rischi sui debiti sovrani, i quali pertanto debbono ricadere sui singoli Paesi.

Da qui l’espediente che starebbe studiando Draghi di avviare un’operazione di quantitative esasing senza scontentare troppo i tedeschi, con l’imposizione a carico di ciascun Paese, i cui bond siano acquistati dalla Bce, di creare un fondo ad hoc per garantire le eventuali perdite. Un tipo di fondi che già esistono nel sistema europeo e che andrebbero dunque allargati. L’altra ipotesi sarebbe quella di far acquistare i titoli di Stato direttamente dalle Banche centrali dei singoli Paesi interessati, magari sotto la direzione della Bce. In questo caso le perdite sarebbero a carico delle singole Banche centrali nazionali e se si fossero rilevanti ricaderebbero sui contribuenti di quegli stessi Paesi. In ogni caso si tratta di soluzioni solo parziali e che rischiano appunto vi vanificare l’effetto espansivo del quantitative easing, se poi sono le singole Banche centrali a dover acquistare i titoli di Stato del proprio Paese la Banca centrale europea cosa ci sta a fare? Ma soprattutto, l’euro, moneta unica europea, a cosa serve?

V.B.