“Se chiudo gli occhi”: recensione

se chiudo gli occhi_coverDopo il successo di Nessuno sa di noi, Simona Sparaco torna a scoprire il vaso di Pandora, offrendo al pubblico un romanzo dalla trama semplice, con pochi personaggi, ma essenziali; con poche sequenze, ma con scene madri e dialoghi in grado di rivelare il turbinio degli affetti familiari.

Suggestivo, magico, poetico, Se chiudo gli occhi narra la storia di Viola che nella vita ha imparato molto bene a nascondersi. I vestiti di una taglia troppo grande, un impiego ben lontano dalle sue passioni, un bravo ragazzo come marito, con cui però, forse, l’amore non c’è mai stato. Poi un giorno, mentre sta sviluppando alcune fotografie nel negozio in cui lavora, rivede suo padre, l’artista famoso, l’eccentrico. È tornato a cercarla per proporle un viaggio nella loro terra d’origine e per confessarle qualcosa di molto importante. Ma come fidarsi dell’uomo
che l’ha abbandonata? Come credere alle sue strampalate fantasticherie? La tentazione però è forte e Viola accetta. Così, mentre un paesaggio gelido e innevato scorrerà sotto i loro occhi, nel cuore dei monti Sibillini, Viola apprenderà che lì è custodito un antico segreto. Dicono che lì si celi una congrega di sensitivi. Ed è così che Viola e Oliviero, distanti e diffidenti, attraverseranno l’Appennino in auto, alla ricerca della verità. Sarà un viaggio di formazione e di profonda riunione che offrirà a Viola incontri, rimorsi, rimpianti, sguardi e abbracci mancati. E mentre analizzerà le sue misteriose radici, una nuova forza la travolgerà: quella dell’amore, del perdono, della felicità. E solo allora, potrà lasciarsi trascinare, rigorosamente con gli occhi chiusi, dal potere della vita che ormai è pronto ad accoglierla.

Così, con questo impasto tiepidamente mistico, Se chiudo gli occhi si configura come una lettura intensa, ricca di pathos, di sentimenti profondi fatti di traguardi, attese, sconfitte, speranze, rancori, delusioni, scuse, fallimenti e dilemmi. E se da una parte troviamo Viola, esile e dai lineamenti delicati, dall’altra vediamo suo padre Oliviero, alto, bello, con le labbra carnose. Fisicamente sono diversi, caratterialmente anche, e paradossalmente, sarà soltanto nella loro traversia picaresca che troveranno il modo di incontrarsi. I ricordi dell’inaffidabile Oliviero porteranno alla luce donne dalla matrice esoterica, come Antina, “la conciaossa”, o come Nora, la veggente depositaria di una saggezza antica e popolare. E allora Viola riuscirà a superare anni di duri silenzi e a trovare persino il coraggio di affrontare le sue recondite paure. Di conseguenza, l’auto (microcosmo angusto nettamente contrapposto alla libertà della natura incontaminata), che sarà li mezzo deputato per portarli a destinazione, in realtà attuerà un miracolo molto più vivido, ovvero  darà a entrambi la forza di agire, di reagire e di guardarsi reciprocamente negli occhi, e persino di chiuderli senza timore, per osservare insieme gli errori commessi e scegliere di prendere altre e nuove direzioni.

Silvia Casini