Isis, una donna ritrova le immagini del figlio rapito in un sito della Jiahd

Isis bimbo

L’Isis giunge in Veneto. Non con le armi: entrando nella vita di una giovane coppia e del loro bambino; distrugge quello che rimaneva di un nucleo familiare già in crisi, cambia le persone e le disperde. Dopo un anno di ricerche una donna, Lidia, ha ritrovato la foto di suo figlio, il piccolo Ismail, rapito dal padre Ismar Mesinovic, in un sito di propaganda jihadista. Il piccolo sembra ora essere in Siria. Un anno fa l’uomo aveva detto alla donna che lo avrebbe portato con sé dai parenti, in Bosnia e in Germania. La donna, di origine cubane, stava per partire per l’isola caraibica insieme al bambino. Il padre aveva insistito “i tuoi parenti già lo conoscono, lascialo a me. E’ giusto che conosca anche la mia famiglia”. Così lei, a malincuore, aveva acconsentito. I due erano già separati; i rapporti tuttavia erano buoni e la donna si fida. Ma Ismar non si reca in Germania. Lascia la provincia di Belluno per recarsi in Siria e combattere per la Jihad e porta il figlio con sè. Il bambino aveva appena due anni. Passano i giorni e il padre del bambino non risponde più alle telefonate, fino a quando una parente non chiama la donna per dirgli che Ismar aveva portato il figlio in Siria. Una scelta inattesa che potrebbe trovare una spiegazione nella prematura scomparsa del padre di Ismar morto in Bosnia, pensa la donna, durante il conflitto nell’ex Jugoslavia. Un trauma mai superato per Ismar al punto da spingerlo a combattere per la Jihad, togliendo il bambino dalla madre, vestendolo di nero come uno jihadista in miniatura, in una parte del mondo devastata dal conflitto e dalla violenza. Una violenza che è giunta, in una forma diversa, anche nella vita della donna, con il terribile dolore del distacco.  Da un anno lei non vede Ismail. Un’eternità per un bambino, e anche per lei. Fino all’immagine del piccolo che lo ritrae con il padre. Ed ecco l’epilogo, qualche settimana fa: Ismar è stato ucciso in combattimento. Del piccolo Ismail non si sa più nulla: solo messaggio dai parenti bosniaci di Ismar: sta bene, dicono, nient’altro. L’ultimo sms da parte di un amico macedone di Ismar: anche lui ha lasciato la provincia di Belluno per la Jihad. Lui, il combattente,  riuscirà forse a vedere il piccolo – sempre che la Siria ed il conflitto non lo faccia sparire per sempre – la madre no: si deve accontentare della foto di un bambino vestito di nero, come un miliziano dello Stato Islamico.

ADB