
Made in Italy ancora sotto al mirino del programma di approfondimento Report , condotto da Milena Gabanelli e andato in onda ieri sera in prima serata su Rai Tre. Durante la trasmissione è stato dedicato un servizio alla Maison Gucci che anziché impiegare artigiani qualificati italiani, sfrutterebbe la manovalanza cinese a basso costo, a Scandicci.
Immediata la replica dell’azienda Gucci che in una nota si è dissociata dal servizio: “Telecamere nascoste o utilizzate in maniera inappropriata, solo in aziende selezionate ad arte da Report (3 laboratori su 576) non sono testimonianza della realtà Gucci. Gucci ribadisce fortemente la correttezza del proprio operato impegnandosi a rendere sempre più efficaci le azioni conseguenti alle ispezioni, che saranno sempre più numerose”, conclude la nota, aggiungendo che “la signora Gabanelli non ha mai posto a Gucci alcuna domanda pertinente su quanto da cinque mesi stava girando”.
Ma la Gabanelli non si lascia intimorire e risponde a Gucci sottolineando “più che dissociarsi Gucci dovrebbe ringraziarci, per aver documentato e denunciato quello che avrebbero dovuto fare i loro ispettori. È gravissima e lesiva della libertà di espressione e di denuncia la dichiarazione di Gucci. Accordarsi a insaputa di Gucci con laboratori che utilizzano manodopera cinese a basso costo e non in regola – sabotando i sistemi di controllo in essere”.
Inoltre precisa la giornalista “Report non ha affatto sabotato ma osservato il metodo delle ispezioni farsa. Noi abbiamo fatto solo il nostro mestiere. La truffa semmai è ai danni degli artigiani, del Made in Italy, della legalità e dei clienti”.
Entrando nel merito della problematica Gabanelli spiega che “forse non hanno compreso che la SA8000 (la certificazione di responsabilità sociale di cui si fregiano) deve decidere se continuare a certificarli. Che sia un marchio del lusso a mettere in seria discussione la validità della SA8000 è paradossale (ricordiamo che la Nike fu scoperta a far cucire palloni da bambini, ma costavano un dollaro)”.
“Cosa poi intenda per laboratori selezionati – prosegue la conduttrice- dovrebbe spiegarcelo, visto che li abbiamo filmati (appunto) con le telecamere nascoste e monitorati per mesi. Uno di questi in particolare è subforniture di una società (Garpe) di proprietà della stessa Gucci, quindi non può neppur dire che la colpa è dei fornitori di primo livello (anche perchè la certificazione gli impone verifiche)”.
“Inoltre se per Gucci è davvero tutto normale perché non vuole che le aziende subfornitrici siano intestate a persone di nazionalità cinese. Comunque abbiamo ore di registrato e molti più esempi di quanti mostrati (noi abbiamo anche limiti di tempo per la messa in onda) che mettiamo a disposizione della magistratura qualora si attivasse per accertare le responsabilità di un sistema illegale che origina dalla manodopera sottopagata e che, ricordiamo, una sentenza storica a Forlì estese ai committenti dei cinesi”, rilancia la giornalista, ricordando inoltre che “sul tema dei controlli a Gucci è stata fatta richiesta scritta di intervista, ma hanno preferito declinare”.
“La sottoscritta ha anche posto una domanda pertinente, sempre per iscritto: a quanto ammonta il Made in Italy che viene fatturato in Italia e quanto esportato alla Luxury Goods (Svizzera) o comunque all’estero. La loro risposta è stata: il dato non è pubblico“.
“Certo – conclude Gabanelli – è meglio che non si sappia fino a che punto convenga all’Italia essere una colonia francese che non deve andare in Cina per produrre a basso costo il prestigioso Made in Italy grazie ai mancati controlli e ai prezzi sotto il limite che stanno riducendo alla fame i maestri artigiani, come li pubblicizza Gucci”.
C.D.